Thursday, May 13, 2004

1999, dopo il diluvio, 2000, 2001

Parco Nord, una parola importante per Bologna
Respinta ogni speculazione

Parco Nord: un bene più grande di ogni disinformazione di parte. Ogni volta che si nomina la parola Parco Nord in qualcuno scatta una molla. Per giorni si è condotta, su un solo giornale, una campagna contro i Democratici di Sinistra ed il gruppo Due Torri fondata sul nulla. Lo abbiamo subito chiarito: il gruppo Due Torri non ha ricevuto una lira dal rave di sabato 15. Il gruppo Due Torri non ha mai autorizzato nessuno a sottoscrizioni a noi rivolte. Punto. D'altra parte, ormai, è stato chiarito ampiamente anche dall'informazione cittadina. Il gruppo Due Torri non ha mai fatto, non sta facendo, non farà mai sottoscrizioni per il proprio finanziamento. É stato ridicolo anche solo pensarlo considerato che il nostro bilancio è parte del bilancio del Comune di Bologna comprese, quindi, non solo le entrate, ina anche le nostre uscite. Riflettiamo, ora, con i cittadini. Sono sicuro che per moltissimi bolognesi Parco Nord significa tante cose belle, divertenti, utili, per tutti. Da generazioni. Credo che noi Ds dobbiamo raccontare di più quanto i nostri volontari lavorino per la città, non per vantarci, ma per condividere un patrimonio che è più grande del corpo dei militanti del partito. Direi di più: per condividere con i cittadini il problema di garantirne il futuro, il prezioso valore culturale e civile. Che è un bene comune, pubblico. Quindi va fermamente difeso e salvaguardato.

Presidente del Gruppo Due Torri

IL DOMANI, Venerdì 21/12/2001

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Un giallo che si dipana fra artisti e un ritratto: quello donato da Marina Deserti al Museo del Poeta premio Nobel
II killer di papa Pascoli a casa Carducci?
Eugenio Valzania, capo degli "accoltellatori"potrebbe esserne stato il mandante

Marina Deserti senza tregua. Nel bilancio del Comune mancano quattro miliardi per le istituzioni culturali? Ecco la sua risposta: "Ci penso io". Dona un quadro alla GAM, un altro al Museo del Risorgimento. Insomma da il buon esempio, come non esita a dirsi da sola. Che si può replicare? Di questi tempi chiedere pudore sarebbe forse troppo. Stavo misurando quel po' di indignazione di cui ancora rimango capace, quando mi ha incuriosito il dono di Deserti a Casa Carducci, il gadget risorgimentale della Signora. È un ritratto di fine '800, pare una crosta in verità, ma chi sono io per dirlo? L'autore è ignoto, ma il soggetto è certo. Trattasi di tal Eugenio Valzania. Un noto garibaldino cesenate finito in casa Deserti vestito da militare. Il suo volto fiero respinge, è vero, ma è quello ai un Tartarino non di un Maresciallo. Poche ore di navigazione su Internet bastano per fare molte scoperte. Valzania è importante per la storia repubblicana delle Romagne. Un bel tipo. Molte guerre e battaglie con il suo Generale. Ma indagando, indagando, ecco arrivare notiziepiù scure. Nel 1849 Garibaldi e Anita sono in fuga dalla tragedia della Repubblica Romana. Giungono a San Marino. Riescono a sfuggire ai papalini e agli austriaci grazie ad un popolano coraggioso, un certo Zani, Nicola, detto "Badarlon". Si sa: i nick names li hanno inventati in Romagna. Badarlon è un uomo semplice, tutto coraggio e bontà. Non si accorge di cosa e chi gli capita intorno, insieme alla coppia di eroi. Sua Moglie Maria è più vispa. Nel diario di un famoso nipote, Gino Zani, uno dei Sammarinesi più illustri del '900, ricorda al marito quando dovette fracassare un coppo in testa ad un'ufficiale garibaldino focoso e fellone per liberarsene. Chi era costui? Il Valzania. Valoroso sì, ma dedito ad altro mentre il Garibaldi perigliava. Non finisce qui. La vecchia Maria incalza il marito ed insiste: "Valzania era il capo della feccia, dei delinquenti". Quali? Presto detto. Dopo l'Unità la Romagna resta terra di delitti e vendette. Molti che avevano imbracciato le armi per la democrazia, l'Italia, la libertà non si rassegnano a dimetterle. Cadono uccise spie del passato regime ma anche possidenti innocenti e poveri malcapitati. Si formano sette di pronti a tutto. Fra queste la più nota è quella detta degli "accoltellatori". Chi la comanda!? Il Valzania. Certo non è fra i più estremisti. I suoi sicari si incaricano anche di far fuori i capipopolo più violenti ed ambigui, come un tal Giuseppe Comandini, raggiunto da colpi di schioppo perché inaffidabile e venduto ai padroni delle miniere di Borello. Siamo negli anni '66-'67-'68 del secolo Ottocento. Viene in mente qualcos'altro, sempre navigando. Il 10 Agosto del 1867 non era stato ucciso l'amministratore della Torre, un complesso enorme di poderi Torlonia, a S. Mauro? Non era quell'uomo il padrone di una cavalla, la "storna"? Non era il Ruggero, il padre di Pascoli? Chi uccise? Il delitto impunito non ha colpevoli certi nemmeno nei libri degli storici. Ma la polizia monarchica non aveva dubbi. Sono stati i repubblicani settari, i sovversivi, gli" accoltellatori". Tutte calunnie? Certo le coincidenze sono molte: i luoghi, l'epoca, i melodi dell'uccisione. Basta a distrarci da questa pista il sospetto verso chi prese il posto del Ruggero alla Torre Torlonia? Il nuovo fattore pare infatti avesse il nome al quale la storna nitrì. Ma un piccolo paese, dove tutti sanno tutto, avrebbe tollerato!'eredità di un posto importante andata ad un assassino? E in quegli anni? In quella provincia rossa e verde di rivolta? No, questa sembra una verità nata dal popolo, per coprire i suoi figli più aspri, i suoi vendicatori, i "panni sporchi" che non si lavano con i delegati di polizia, è non pensarci più. Chissà, Signora Deserti, forse Lei ha fatto mettere a Casa Carducci il ritratto del mandante dell'uccisione del padre di Pascoli. Un bell'incontro, non c'è che dire. Ma non siamo maligni. E poi dopo 134 anni tutto passa, anzi diventa storiella.. Ma le tele che avanzano in villa le lasci d'ora in poi in solaio, Signora, non si sa mai.

Davide Ferrari, capogruppo Ds Consiglio Comunale

IL DOMANI, Sabato 01.12.2001
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Teatro Comunale

Ferrari (Ds): «Bologna prenda l'iniziativa
O pensiamo in grande o andiamo indietro»


L'Opera lirica è la "cosa" d'Italia più nota nel mondo. È triste vedere come, ancora oggi, si riproponga la questione dei finanziamenti ai grandi teatri lirici. Così è per il Comunale. La trasformazione in Fondazione è andata bene. Il livello culturale rimane altissimo. Però, senza risorse pubbliche sufficienti il salto di qualità necessario non si può fare. O si continua la faticosa, e in qualche modo inevitabile, questua perpetua presso gli Enti locali e lo Stato, oppure si cerca un'innovazione profonda che qualifichi il Comunale anche dal punto di vista delle risorse. L'Emilia-Romagna vede - ha ragione il maestro Ferrari - una sorta di "ecosistema" dell'Opera unico al mondo. Un grande Teatro, Istituzioni pubbliche di teatro e balletto di prestigio, una Orchestra regionale in crescita, una rete diffusa di Teatri di tradizione, Centri di formazione, associazioni. Il problema è che leggi e regolamenti nazionali suddividono i fondi pubblici per singole Istituzioni. Non premiano, anzi penalizzano, una rete come la nostra. D altra parte, la Regione non può fare miracoli e supplire, con i soli fondi per la cultura a necessità ingenti. Bisogna cambiare. A livello regionale bisogna considerare il Teatro Comunale capofila, in stretto coordinamento con l'Orchestra Toscanini, del nostro sistema musicale, anche con una modifica legislativa, che ne sancisca definitivamente il ruolo.
E la cultura deve trovare fondi sul piano delle politiche per il turismo, la promozione economica e il marketing territoriale. Costituire un'Agenzia per l'O-
pera capace di attrarre risorse e di convogliare altri fondi sulle grandi Istituzioni musicali potrebbe essere una valida risposta. Tutto questo va accompagnato con un'azione univoca delle maggiori rappresentanze che il nostro territorio possiede a livello nazionale ed europeo. Penso aduna lobby a fin di bene. Ad essere valorizzata sarebbe la musica, non tanto il"salotto buono"'di Bologna. Tutto questo però si può fare se il Sindaco svolge il proprio ruolo. Perora abbiamo visto una delega al vicepresidente Maenza. Il quale, non pare fare granché, se escludiamo piccole risse con la Regione, il suo primo interlocutore. Ci vuole ben altro. Bologna deve prendere l'iniziativa. O pensiamo in grande o andiamo indietro.

IL DOMANI, Mercoledì 14.11.2001




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Incidenti ed educazione stradale
Ferrari: «Signor sindaco, uniamoci per informare meglio i nostri giovani»

Gentilissimo signor sindaco, sono certo di trovare il suo consenso nell'affermare che si devono e si possono fare cose concrete per la sicurezza sulle strade, per la vita di tutti, ma in particolare dei più giovani. Le cito, come esempio, queste proposte: discutere e attuare, in tutti i Comuni, le misure proposte dal programma per la sicurezza stradale della Provincia così come gli studi elaborati dagli uffici del Comune di Bologna; approvare subito gli ordini del giorno sulla sicurezza presentati in consiglio comunale; operare per la prevenzione rafforzando l'attività meritoria dei vigili urbani di educazione stradale nelle scuole che ella ha avuto modo di premiare recentemente; indirizzare significative risorse del Comune, sia finanziare che umane, sull'educazione stradale. Le propongo di creare un gruppo di insegnanti per fare educazione stradale nelle scuole. Un insegnamento educativo, non solo informativo, soprattutto rivolto ai ragazzi dai 14 ai 18 anni. Sono convinto che sia possibile formare un gruppo significativo, anche per numero, in collaborazione con il Provveditorato agli Studi.

Davide Ferrari, Capogruppo Due Torri - Ds in Consiglio Comunale

IL RESTO DEL CARLINO, mercoledì 07/11/2001

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Incontro per la presentazione dell'archivio e di contributi audiovisivi a dieci anni dalla scomparsa
Mario Gattullo, professore indimenticato

A dieci anni dalla morte di Mario Gattullo, l'Alma Mater lo ricorda in un incontro pubblico, oggi alle 15,30 nell’aula IX di Via Zamboni 34, e presenta il suo archivio e alcuni contributi audiovisivi della sua attività didattica.

Sono stato suo allievo, un poco nello studio, molto nella politica, nella vita. I ricordi sono tanti. Mario Gattullo era un insegnante di profondissimo ingegno. Era l'antitesi di quella retorica che spesso sostituisce il sapere. Mario Gattullo ha parlato fra i primi di valutazione oggettiva, di misurazione dei risultati della scuola, di autonomia della comunità scolastica. La cultura pedagogica in lui non era un insieme di conoscenze astratte. Era una pratica: l'attitudine, fatta crescere con la scienza, a valutare e promuovere i propri studenti. La scuola era per Mario una realtà viva, non un oggetto da osservare con distacco, così come l'Università non era un luogo di piccoli e grandi poteri. Mario Gattullo, lo scienziato dell'educazione, uno dei più profondi pensatori tesi a rinnovare la pedagogia applicandole gli strumenti più aggiornati della ricerca, i precisi numeri della statistica, era innanzi tutto un maestro, amava l'educazione come mezzo di libertà, come passione di insegnare qualcosa agli altri, mettendosi in gioco, fino in fondo. Per questo gli era naturale misurarsi con la politica. Analizzando le questioni serenamente ma con attenzione. È indimenticabile la Sua ironia, tagliente ma dolce, priva di ogni arroganza.
Si rese disponibile a rappresentare la cultura in consiglio comunale, dopo la svolta del Pci, accompagnando la nascita del Pds. Intese quel cambiamento come un mezzo per non dismettere i valori della sinistra dopo il naufragio del socialismo reale. La lucidità di Mario Gattullo non era disincanto, era il frutto di due occhi appassionati alla vista del mondo, della società.
Manca ancora la sua figura alta e sottile sull'immancabile bicicletta. Pare discorrerla ancora in via Zamboni, e, ogni volta torna la commozione e la sorpresa, il dolore profondo.

Davide Ferrari
IL DOMANI, Mercoledì 07.11.2001



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LA POLITICA DEL COMUNE DI BOLOGNA PER I TEATRI CITTADINI E LA CULTURA - CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO

richiesto dall'opposizione ai sensi dell'art. 6 del regolamento sul funzionamento
del consiglio comunale

22 Ottobre 2001
Relazione di Davide Ferrari

Grazie Presidente,
grazie colleghi per la ritrovata attenzione.
Abbiamo chiesto, a norma di regolamento, un'occasione straordinaria di discussione - a partire dai casi del teatro bolognese - sulla cultura a Bologna.
La prima considerazione è proprio la seguente: o l'opposizione raccoglie le firme perché di cultura si discuta in questo Consiglio comunale, (è già accaduto, fummo noi a prendere l'iniziativa addirittura per propiziare una occasione tipica di Giunta, quali il rendiconto su Bologna 2000), oppure - Presidente, Assessore, colleghi - di cultura in quest'aula proprio non si parla.
Non è all'ordine del giorno, mai.
Da questo punto di vista occorre fare un ringraziamento preliminare a chi ci ha indotto, con una iniziativa difficile, persino tragica nei suoi risvolti, a prendere una iniziativa.
Mi rivolgo a Renzo Filippetti, al cui teatro va una grande stima e considerazione, come ad altri teatri bolognesi, e che pure ha avuto un coraggio particolare.
Si può discutere la forma di lotta scelta da questo artista, ma certo ha costretto Bologna ad interrogarsi sul peso che hanno la qualità e la libertà nei rapporti fra cultura e politica, fra operatori culturali e amministrazione, fra Sindaco, Assessore e città.
È passato ormai qualche tempo, abbiamo avuto altri casi significativi, su altri versanti.
Io voglio ricordare qui il caso di Marilena Pasquali, per dire solo una parola; altri colleghi interverranno, Assessore io penso che si possano avere fondatamente opinioni diverse sulla collocazione e il futuro del lascito Morandi. Poi dirò la mia. Ma certo è gravissimo e colpevole il silenzio con il quale il Sindaco, ma lei stessa, Assessore, ha seguito questa vicenda.
Un gravissimo e colpevole silenzio che ha suonato offesa verso chi ha garantito un alto livello di iniziativa a questa città e di chi ha contribuito, insieme ad altri, senza dubbio, ma ha molto contribuito ad assicurare a Bologna un lascito e una eredità. Io alle volte mi chiederei, assessore Deserti, che cosa porterà ognuno di noi al termine della sua attività e del suo mandato.
Io so che tutti porteremo qualcosa con forti, obiettivi, limiti.
È importante guardarsi allo specchio, prima di parlare con chi fa cultura in questa città, e chiedersi: ho il diritto io di non rispondere a chi comunque ha portato qualcosa a Bologna?
Che cosa porteremo noi, Assessore, per guardare con disprezzo, per rispondere solo con il silenzio a persone come Renzo Filippetti, come Marilena Pasquali
ed altri?
Dovremmo, tutti, considerare anche la necessità di avere meno arroganze e più umiltà.
Detto questo, propongo innanzitutto una domanda che sorge da questi casi eclatanti, che non sono – ripeto – gli unici.
C'è una domanda che bisogna porsi all'inizio di un intervento di relazione: la cultura non è più una priorità per il Comune di Bologna? Sarebbe facile per l'opposizione rispondere che - sì - non è più una priorità.
Ma io credo che la realtà sia diversa e per certi aspetti più inquietante.
No, a Bologna rimane un livello alto di investimento sulla cultura, ma assistiamo a una sorta di spartizione di spoglie.
Tutti si occupano di cultura a Bologna; se ne occupa l'Assessorato alla Cultura, che invece può dire di non essere più esso stesso una priorità per la politica di Giunta, ma se ne occupa - è notorio e moltissimo - il Gabinetto del Sindaco, se ne occupa l'Assessore allo Sport, se ne occupa l'Assessore al Turismo, vorrebbe occuparsene l'Assessore all'Urbanistica, se ne occupa addirittura, ne siamo informati da un piccolo ma significativo giornale della destra bolognese, ahimè, persino l'Assessore alla Sicurezza. Ecco allora: abbiamo una pluralità di riferimenti, abbiamo smarrito un vaglio di qualità degli interventi.
Avendo più persone che, con proprie ambizioni e logiche politiche differenti, vogliono intervenire sulla politica per la cultura a Bologna, abbiamo fatto saltare, avete fatto saltare, il filtro amministrativo, quel filtro tecnico a garanzia, certo mai sufficiente, però importante, di equanimità, a garanzia di un rapporto corretto fra amministratori e amministrati.
Lei, Assessore, ha usato parole che io apprezzai nella polemica sull'estate bolognese; aveva detto: "difenderò il ruolo dei tecnici e dell'Assessorato". Sui teatri lei non l'ha difeso. Lei, sui teatri, come sui musei, ha dimenticato, ci pare evidente, il ruolo tecnico dell'Assessorato, che lei dichiarava voler difendere, ha offeso il ruolo autonomo degli operatori culturali. È venuta meno quindi a quel mandato che in qualche modo ci aveva chiesto, a margine di una polemica diretta, rivolta in qualche modo dal Sindaco al suo stesso Assessorato. Oggi pare di capire che le vicende che riguardano l'onorevole Garagnani, il consigliere Fabbri, il consigliere Mioni, la consigliera Bertolini, cioè "protagonisti profondi" - pare di capire - del dibattito politico a Bologna tra Giunta e partiti, possano stendere un velo su queste contraddizioni. Vedremo.
A me però sta a cuore il nocciolo delle contraddizioni che erano emerse.
Il contrasto sembrava essere fra l'attribuzione fatta dal Sindaco a se stesso di un rapporto diretto con punti significativi della città e della sua operatività culturale, da un lato, e dall'altro la difesa - da parte sua, Assessore - della qualità, dei tecnici, di un ruolo politico corretto, di una amministrazione di lungo periodo.
Se il Sindaco prosegue in questo intervento diretto e propagandistico sulla cultura, Lei, assessore Deserti, è venuta meno a quell'impegno che aveva preso con qualche solennità in quest'aula consiliare.
Rifletta, perché credo che questa sia l'accusa più forte che dai banchi dell'opposizione le possa essere rivolta.
In sostanza lei prende parte, non si discosta, non avversa una situazione che vede troppa politica e troppi politici scarsi pesare sulla cultura a Bologna.
Questo è il risultato dei vostri contrasti.
Quali i frutti di questi comportamenti: dopo Bologna 2000 abbiamo il tempo della nudità e dell'assenza progettale e abbiamo un futuro che suona con i tempi dell'incertezza e della indefinizione.
Ad esempio vorrei rivolgerle una domanda.
Lei sa, Assessore, perché io ne ho vaghezza relativa, che cosa siano le "3M"?
Che cosa, cioè, sostituirà, per iniziativa del Sindaco Guazzaloca, la politica culturale di Bologna 2000?
Dopo i premi Bacchelli, Cappelli e il ricordo di Cervi, si punta sulle "3M", saranno Morandi, Marconi, Minghetti?
Cosa avremo dal 2001 al 2002, a fine mandato? Che cosa sono le "3M"?
Ci dica che cosa farete per queste "3M"?
In attesa di una sua risposta le anticipo una nostra preoccupazione.
Ebbene, se si cercherà su queste tre grandi personalità di rifare la sceneggiata compiuta sulle altre grandi personalità del passato - che io rispetto profondamente per altro - che ho qui citato, si rischierà di proseguire a Bologna, in questo mandato, con una politica per i morti trascurando - ahimè - di
operare per i vivi, per la produzione culturale più forte e ricca che fa unica questa città, per diffusione dell'eccellenza ma anche per condivisione di qualità.
Forse sperate che rivolgendovi a grandi personalità scomparse non vengano a voi smentite?
Io credo invece che qualcuna di queste Emme non potrà non parlarvi, non suggerirvi critiche e ripensamenti, drastici.
L'operazione immagine non vi riuscirà. Vi parlerà senza dubbio Morandi, vi parlerà del suo Museo, che non può essere ridotto a mercé di scambio.
Un Museo che comunque - duole doverla io informare, Assessore, ma per lascito - non potrete comunque spostare dal palazzo d'Accursio.
Vi parlerà Morandi del suo Museo che non può essere ridotto a puro terreno di scambio per rapporti internazionali di istituzioni culturali qualsivoglia, di qualunque livello siano, e Bologna.
Non si può fare del lascito Morandi quello che fanno i bambini con le figurine: "io ho Rivera, quanto mi dai in cambio?"
Non si può fare Assessore. Ci vuole rispetto per questa grande figura e ci vuole, proprio per dare forza anche alla Galleria d'Arte Moderna, ci vuole una grande politica di valorizzazione del patrimonio morandiano a Bologna.
Sono urgenti risorse, personale, con qualità tecniche di diversi livelli che aiutino il ruolo dirigente.
Tutto ciò che doveva completare l'opera pionieristica che si è fatta in questi anni.
Voi avete trascurato i pionieri, che ci abbandonano, e francamente non vedo Rangers pronti a sostituirli.
Vedo qualche rischio, invece, che si voglia utilizzare il patrimonio Morandi per progetti che mi sembrano ancora avvolti nelle nebbie, sui quali, io spero, anche questo Consiglio comunale possa aiutarci a fare chiarezza.
Temo, Assessore, che anche Marconi avrà qualcosa da dirvi, anche la seconda Emme. Potrebbe parlarvi, Marconi, della necessità che Bologna torni capitale della medialità, di quel distretto multimediale che va fatto subito, valutando la possibilità della Casaralta, e che voi avete trascurato a partire dall'indecente trattamento che avete riservato a Iperbole, in attesa di svenderlo a società pubblico/private che nel frattempo sono già nei guai. Non avete destinato alcuna attenzione a quell'investimento di contenuti pubblici nella rete che era già qualcosa che onorava e faceva ricca questa città.
Vi chiederà di muovervi Marconi; non credo che possiate abbindolarlo neanche approfittare della sua condizione di non presente fra i vivi.
E infine Minghetti.
Con Minghetti potreste forse farla franca, ma ho paura che la cultura liberale di Minghetti potrebbe ricordarvi che gli Istituti storici e gli Istituti di ricerca politica- molto importanti a Bologna- non paiono oggi al centro dell'interesse
dell'interlocuzione politica che ha questa Giunta, a partire dal suo Sindaco, ma anche da lei, Assessore.
Dunque: delle istituzioni culturali vi parleranno altri Consiglieri, dell'associazionismo già abbiamo parlato, e solo voglio ricordarvi la gravita di una
iniziativa vostra che si è divisa tra tentativi di colonizzazione ed abbandono.
Con in più il cappio - che misureremo solo dal gennaio 2002 - della "tassa Foschini" sugli affitti.
Io vorrei quindi soltanto, prima di tornare ai teatri, aggiungere una quarta Emme, alle tre Emme su cui pare la vostra iniziativa petroniana si svilupperà.
La quarta Emme è Manzoni. Lei ricorda questa parola, Assessore?
Il vi chiedo cosa ne è di quel teatro Manzoni che doveva aprirsi, con un investimenti in terreni di 24 miliardi.
Saperne qualcosa potrebbe aiutarci a discutere diversamente della situazione teatrale a Bologna o no? È costato davvero, sta costando 24 miliardi? Il progetto è esattamente quello presentato o già nei lavori lo si sta riducendo?
E quali contatti state portando avanti?
Lei ci dirà: è compito del Teatro Comunale.
Bene, sappiamo che il bravissimo Sovrintendente non fa cessare occasione per chiedere un aiuto e un sostegno per reggere questa eredità pesante che il Teatro
Manzoni potrebbe risultare per vostra colpa.
Mentre, con un progetto adeguato, vostro malgrado, parlando della operazione di permuta, potrebbe diventare comunque qualcosa di importante di questa
città.
Serve una svolta.
Non è più il tempo delle polemiche sterili a cui ci state abituando.
Ecco allora, noi passeremmo dalle tre Emme ai tre accenti, a tre parole con l'accento, che sono – io credo - parole chiave, Assessore.
Queste tre parole sono per la politica della cultura, di oggi e non di ieri, sono: libertà, creatività e professionalità.
Io credo che ci sia il rischio di vedere chiudere Bologna, ma Bologna è una città di ombre e di luce, come i suoi portici.
È una città che ama il proprio passato e la propria tradizione ma che vive e inventa, vive e sperimenta, vive e produce.
È una città che vive di un particolare equilibrio fra qualità e quantità, di un equilibrio fra popolo ed eccellenza.
Avete colpito l'eccellenza non per amore del popolo ma per amore dell'intromissione della politica sulla cultura.
Ed ecco allora veniamo ai teatri.
Possiamo coniugare a esempio la politica teatrale della necessità di passare a questa politica dei tre accenti, una politica di libertà, di creatività, di professionalità? Io credo di sì.
Cosa è successo sui teatri a Bologna?
Io credo che la motivazione che lei ha dato del suo operato, "abbiamo privilegiato il successo", sia francamente irricevibile.
Io ricordo che, almeno a mia memoria, non esiste un teatro, nel presente, in ogni città del mondo, né è mai esistito in passato, che possa vivere senza la società a cui si rivolge, senza un ritorno dal sociale che ritorni al teatro ciò che il teatro da in termini di arricchimento culturale e civile.
Senza quindi forme di sovvenzionamento.
Siano esse direttamente pubbliche, siano miscelate tra pubblico e privato, siano legate alla stessa sopravvalutazione dei costi di botteghino: senza forme di sovvenzionamento un teatro non può esistere.
Ci avete detto che volevate passare dalle convenzioni ai progetti per essere più liberi e per fare spazio.
Ma chi valuterà questi progetti, Assessore?
Mentre per le convenzioni di primo livello lei è stata, forse - voglio dire - anche per iniziativa dell'opposizione, in qualche modo indotta a utilizzare il contributo di esperti; sugli altri teatri nulla si sa.
C'era una volta un progetto, un'idea di costituire una autority per valutare come le risorse pubbliche vanno a Bologna ai teatri.
Io credo che questo mondo sia abbastanza ricco. Vorrei partecipare a questa convenzione dei teatri che si svolgerà in dicembre, anche per proporre e studiare
forme di autovalutazione, o di referee, in cui nessuno sappia esattamente chi è incaricato, come si fa nel mondo scientifico.
Se si vuole il modo si trova.
Non sia il comando politico e assessorile a decidere sui teatri di ricerca a Bologna. Questo è intollerabile, Assessore.
Nel 2001 della modernità è davvero intollerabile. No, occorre proseguire invece per radicare e stabilizzare le grandi risorse che Bologna possiede.
14-15 stagioni, 30 realtà nell'area metropolitana, importanti realtà di ricerca: Moline, Libero, Ridotto, Teatro di Leo... Ne avete fatto un po' strame - diciamo la verità - di queste realtà.
Oggi si deve recuperare un rapporto.
Occorre proseguire ed ampliare il progetto "Bologna dei Teatri".
Proponiamo un centro servizi, che sia assieme uno spazio e risorse, per aiutare tutte quelle realtà nuove che sono nel momento di snodo fra lo studio e la
professionalità, senza usarle come carne da cannone contro chi da trent'anni o da vent'anni fa, con giusta fama in tutto il mondo, la sua professione di ricerca
sul teatro.
Sarebbe un gioco ben meschino; non sarebbe lei la prima a tentarlo, a Bologna, sulla politica teatrale, ma sarebbe un gioco davvero meschino.
No, dobbiamo premiare l'eccellenza, dobbiamo mantenere le convenzioni, dobbiamo darci sulla progettualità la possibilità di scegliere a ragion veduta, con esperti e pareri fondati, senza privilegio, dobbiamo incentivare una forte politica dei servizi per quelle realtà non mature a reggere teatri da soli ma già mature a passare dallo studio alla professione.
In sostanza, io ho l'impressione che i teatri ci dicano una cosa: questo mandato non è stato un mandato all'insegna della novità, Assessore, ma all'insegna
della vecchiezza.
Siamo tornati forse, almeno nelle intenzioni, un pò a quella volontà di servirsi dello spettacolo per catturare facile consenso da un lato, e dall'altro,
almeno per quanto riguarda il suo Assessorato, a salotti un po' ristretti.
Non voglio dire avvizziti, ma certo ristretti.
Bologna vuole altro. È terra di politica condivisa, non di politica oppressiva.
C'è bisogno allora che le culture di Bologna riprendano la parola. La rappresentanza politica non deve più sostituirsi alla libertà, alla creatività, alla professionalità di chi studia e di chi produce cultura.
Tutta la cultura in Italia in questi anni è stata deminestiarializzata.
Io credo che voi non ve ne siate dati per inteso.
È finita l'epoca della politica pigliatutto, degli Assessori imitatori dei principotti rinascimentali e nemmeno, io credo, debba mai iniziare l'epoca degli amici del Sindaco.
Sarebbe l'epoca, come dire, dei piccoli valvassini accalcati attorno ad un osso che non merita di essere spolpato.
Non c'è nessuno che voglia consegnarvi questo credito e questa discriminazione. Io credo che sulla cultura Bologna non voglia e non potrà arrendersi.
Anche questa occasione in Consiglio comunale mi auguro ci induca con una riflessione seria ma fortemente critica a questa tendenza.
Inizi la politica dell'ascolto, termini subito la politica della discriminazione.

Davide Ferrari
Intervento Conclusivo

Noi non presenteremo ordini del giorno.
Un Consiglio straordinario, se nulla vieta che possa concludersi con documenti consiliari, se proposto dall'opposizione per sua natura dovrebbe sollevare delle questioni, perché appunto non governiamo, vivaddio.
Allora, in quest'ottica che è tutt'altro che rinunciataria, io propongo, se l'Assessore è d'accordo, di svolgere adesso il mio intervento di replica e di lasciare all'ultimo l'intervento all'Assessore. Perché questo? Perché è evidente che non senso ha replicare alla Giunta su questioni che sollecitano un intervento di Giunta. Se qualcosa si ottiene, in risposta a quanto noi, ed il mondo dei Teatri e della Cultura bolognesi, domandiamo, bisognerà averlo dall'ultima parola che rivolge la Giunta.
Cominciamo dai punti, per così dire, più polemici. Il primo. Noi abbiamo assistito, colleghi, e d'altra parte per questo vi ringraziamo, ad un Consiglio comunale abbastanza intenso, con numerosi interventi. Siccome la maggioranza non è sempre adusa a farlo, ci siamo chiesti, io ed altri Consiglieri di minoranza, qual' era il senso di molti interventi. E il senso può essere un po' questo. E' vero, Assessore Deserti, lei incassa e ne sono lieto sul piano personale, la solidarietà dei gruppi consiliari di maggioranza, dei gruppi consiliari, della Giunta?
Però il Sindaco non è stato presente un solo minuto, credo fosse presente al buffet, ma non è questo il punto. Mi chiedo perché ? Se si ritiene che si sia andati a farfalle, non si interviene. Se c'è bisogno di una difesa così insistita, tale da coinvolgere tutti i gruppi consiliari, se non sbaglio, di maggioranza, è evidente che ci sono dei problemi. Allora se davvero si vuole difendere l'Assessore, si viene qui in Consiglio e si testimonia una solidarietà attiva. Questo non è accaduto.
E questa scelta che Guazzaloca ha fatto ci riconsegna pari, io temo, lo dico al collega Corticelli, quell'elemento di confusione profonda che vede intervenire sulla cultura almeno quattro Assessorati, e il Gabinetto del Sindaco. Io credo che questo elemento, oltre ad evidenti problemi politici, ci proponga un tema di merito, e cioè che se si agisce in cinque sulle politiche culturali, vuoi dire che il livello di interrelazione della politica con la cultura è molto stretto, vuoi dire che si fa un intervento politico sulla cultura e salta inevitabilmente quella mediazione affidata ai tecnici che, certo, non è la panacea di tutti i mali, ma viva Dio, qualcosa conta. Faccio un esempio, spero che non me ne vogliano né il professor Pannuti, né il dottor Tomba che vedo qui presente. Io ho svolto poco tempo fa una relazione, come direbbe il consigliere Corticelli, molto sopra ai toni, per quanto riguarda le questioni scolastiche, ma l'ho fatto su quelle 10, 11,12 questioni, che sono di diretto scontro fra noi e la maggioranza. Non l'ho potuta fare su tutto quello che riguarda l'attività più direttamente tecnica, perché c'è un Assessorato che regge, c'è una sapienza che non sta a me riconoscere, la riconoscerà in primo luogo il professor Pannuti. È evidente! Ma qui, per esempio i dati di frequenza ai teatri ce li avete forniti? No. Su che base si regge quindi la polemica sulla necessità, altro che sussidiarietà, lei ha detto, di premiare chi se lo merita e di disdire le convenzioni con chi non se lo merita? Su quale base? Ci vorrà un dirigente che arriva, le fornisce i dati e lei cortesemente ce li propone, perché altrimenti è una discussione non kafkiana, è una discussione che io temo confermi la confusione nella direzione politica assessorile.
E il risultato è che non c'è una mediazione tecnica e non c'è equanimità nel modo in cui si tratta gli interlocutori, questo è il punto. Quando noi parlammo - Assessore - dei teatri cosiddetti di primo livello, io ebbi a riconoscerle di essere arrivata peraltro per via tortuose, a una soluzione con un elemento di fondatezza e di oggettività. Io ebbi però a dire: attenzione, perché abbiamo la seconda fascia di teatri. E lì non interverranno barriere potenti, lì si vede la qualità di un'amministrazione. Scegliamo gli amici oppure confermiamo e disarticoliamo eventualmente ampliandolo l'intervento comunale? Avete scelto chi conoscete, penso, non so, perché non vedo quale altro criterio. Speriamo che operino per il meglio, compreso Elsinore, compreso chi veramente a Bologna è totalmente ignoto. Bene. Come si fa a sapere come agiranno, se per il meglio o per il peggio? Io le ho fatto una proposta, Assessore. Mi rivolgo ancora al consigliere Corticelli che anche qui le ha ribadito che non è soddisfatto della sua politica teatrale, per ragioni totalmente opposte alle mie.
Sui sovraintendenti del teatro Comunale, temo ahimè che parleremo presto, quindi uno per volta, Corticelli!
Allora, il problema diventa questo: chi decide, per esempio, una volta che si è passati da una politica di convenzioni a una di convenzioni e progetti con
risposta cash al progetto, chi è che decide chi se lo merita questo denaro?
Lo decide lei? lo decide lei in assoluta, olimpica, solitudine?
Lo decide il dottor Zanzi, per altri gruppi, altre filiere? Lo decide qualche collaboratore dell'assessore Raisi quando c'è da mettere le mostre dei parenti dei calciatori dentro sala Borsa?
Chi decide gli investimenti sulla cultura? Su quale base?
Allora, mi hanno ricordato illustri interlocutori, tutt'altro che vicini alla mia parte politica, che c'era una proposta di costituire un' authority sulle scelte della programmazione teatrale. Io le ho ricordato che lei in qualche modo così ha fatto per il teatro di primo livello, non abbiamo mai avuto il bene di sapere il testo del professor Banterle e del dottor Escobar, però si suppone che andasse in una direzione.
Per gli altri chi lo deciderà? Su quale base si deciderà? Lei su questo doveva avere la cortesia di rispondere. Perché ci dirà: decido io, bene, ma se ne assumerà le responsabilità. Voglio dire al consigliere Morello, vede consigliere Morello, se lei è alla vigilia di responsabilità ampie, farà il capogruppo delle Liste civiche, glielo dice chi fa fatica ad assolvere le proprie ha il dovere di informarsi. Qui non c'è un caso umano Renzo Filippetti. C'è un caso culturale di livello internazionale che ci è già stato sollevato dai principali interlocutori che ha avuto nel teatro questa città. Dico di più, l'Università di Bologna. L'Università di Bologna con cui l'ex rettore Roversi Monaco lo sa bene, Renzo Filippetti ha collaborato per arrivare a fare di Bologna un centro di snodo, anche nel nono centenario, di presenza di assoluto rilievo, in campo teatrale internazionale. Se non le si conosce poco male, ma ci vuole rispetto per gli interlocutori.
Allargo un attimo le questioni.
Ci avete detto, Consiglieri, colleghi di maggioranza, che la Sala Borsa non è stata data in affitto.
Ha fatto presa vedo, questa piccola lettera pubblicata su Repubblica.
Segno che quando la censura si allenta, viva Dio, di qualcosa almeno si discute, ditelo magari a quei vostri frequentatori che non pubblicano mai nulla di quello che dice la minoranza, perché forse fare diversamente potrebbe dare ruolo anche a voi Consiglieri di maggioranza, persino a voi.
Vede consigliere Rocco, lei so che ci tiene, giustamente, anche a voi.
Ogni tanto allentare le mani della "censura" può essere molto utile al Consiglio comunale.
Ho visto che ha dato fastidio questo tema della Sala Borsa in affitto.
Ma vivaddio, qui non eravamo di fronte ad un contenitore neutro, eravamo di fronte a una perla, al frutto più prestigioso di Bologna 2000.
Mi permetto di dire: nessuno abbia il coraggio- dopo il caso Manzoni- di tirare fuori i 13 miliardi che sarebbero stati necessari per la gestione della Sala
Borsa.
Perché se si sono potute trovare le maniere - blocchiamo pure il mio aggettivo - più strane, per reperire 24 miliardi per un'opera inutile, inutile per come voi la pensate, e se non vi affrettate a darla a qualcuno che ne capisca qualcosa, inutile per sempre, di pura copertura di una politica legata a tutt'altri interessi, colleghi, tutt'altri, che non il bene del teatro o della "musica tribale" come ebbe a dire
l'assessore Monaco.
Beh, se avete trovato quelli con le permute, vi ingegnavate e trovavate anche quelli per Sala Borsa.
Invece no, invece si è dato un affitto ad un privato che senz'altro realizzerà molte presenze.
Per forza.
Già adesso la libreria notturna Rizzoli, guardate, io ci vado spesso, è un drugstore culturale di straordinario rilievo.
Non era mica necessario fare in Sala Borsa, con un investimento pubblico enorme, un'esperienza come quella che si realizzerà, valida, di mercato, e che
nel mercato doveva trovare i suoi spazi.
Una proposta valida, ribadisco, che "regge bene" anche senza una biblioteca, non c'è nessun bisogno di metterci una grande biblioteca pubblica vicino.
Se facciamo una grande biblioteca nella piazza principale di Bologna, se vi realizziamo un monumento di assoluta piacevolezza, meraviglioso, che cammina sopra i resti di Bologna romana e medioevale, ebbene, mi chiedo, era proprio necessario fare tutto ciò, la nuova "Sala Borsa"-appunto- per poi ospitarvi una
proposta del genere?
Io dico di no.
E credo che addirittura si stupiscano persino i vincitori del concorso, di essere finiti lì.
Io ho questo sospetto. Anche qui, chi decide la qualità dei progetti? Guardate è un problema che non riguarda solo l'Assessorato alla Cultura, riguarda
anche altri Assessorati.
Di Foschini ho già detto tante volte.
Ma Raisi non è da meno. A me per esempio stupisce – è cultura anche quella - che si sia nominata, lo dico perché voglio allargare l'ambito di ragionamento, una
Commissione di valutazione dei progetti sulla Montagnola, che dovrebbero essere fatti secondo anche competenza culturale - Assessore, forse le è sfuggito, perché al suo Assessorato non credo abbiano chiesto alcunché - ed anche addirittura, udite, udite, secondo competenza pedagogica, e che invece è diretta dall'incolpevole dottor Donati, deliberata dal dottor Donati, incardinata sull'autoincaricarsi del dottor Donati. La competenza pedagogica sarà affidata, non so, all'ingegner Bottino? Che è l'altro "coéquipier" di quella commissione.
Una commissione formata da tre soli dirigenti del Comune.
Dove quindi il comando politico degli Assessori di riferimento sarà strettissimo.
Altro che Pedagogia!
Quindi avete un pò il vizio di mettere il naso di politici sulle questioni dove dovrebbero parlare gli esperti e quindi di fidarvi dei vostri tecnici solo per quel che riguarda il diretto ruolo di istruttorie, di copertura di scelte precise che devono viceversa essere date in capo alla politica come indirizzo, e -nella trasparenza- al parere di esperti per la scelta finale, per l'indicazione conclusiva. Voi fate invece
esattamente il contrario.
Se questo vizio però è comune e va dalla Montagnola, alla Sala Borsa, ai teatri, Assessore, non è un vizio solo suo, bene, allora qui, a parlarne, deve venire il
Sindaco.
Se il problema è di tutta la Giunta, bisogna che il Sindaco risponda.
Io non credo, colleghi, che sarà possibile a lungo a Giorgio Guazzaloca avvicinarsi al massimo a questo Consiglio per 5-6 minuti e dirigere -quando è il caso-
dall'angiporto, dalla hall, i lavori del Consiglio.
Non credo che gli sarà consentito, non credo.
Per quanto ci riguarda abbiamo tollerato una situazione di questo genere, le questioni di salute, troppo a lungo, per rispetto, per questioni personali note, che da tempo però sono, per fortuna grande, superate.
Ma non siamo solo noi a fare problema.
Ormai siamo alla svolta di metà mandato, ragionatene insieme al Sindaco.
Noi andiamo a una stretta di dibattito politico e amministrativo, colleghi. Non pensate che la copertura di qualche giornale compiacente possa tenere questo
caso di non governo ancora celato a lungo. Non sarà consentito.
Per noi, da oggi, diventa una priorità assoluta. Per cui d'ora in poi se le risposte le deve fornire chi le può dare, sugli indirizzi generali di Giunta, I tempi sono rapidi, la strettoia pre-elettorale già comincia a scorgersi in lontananza.
Non so, Assessore Deserti, se il Sindaco potrà a lungo sottrarsi e far permanere il Consiglio in questo limbo in cui noi ci troviamo male ma non comprendo come voi
possiate trovarvi bene, francamente.
Infine altre questioni.
Abbiamo svolto le nostre osservazioni di fondo, riguardanti "libertà della cultura", vera "sussidiarietà", pareri esperti, non invadenza della politica, programmazione, su cui io spero che l'Assessore risponda, e le ho dato precise occasioni, questo è il nocciolo della nostra proposta. Restano, e sono altrettanto importanti, questioni specifiche, esemplari, che vorrei citare. Il consigliere Morello le definirebbe "questioncelle" ma francamente colleghi ci sono alcune questioni che vanno definite nel concreto. Allora prima questione consigliere Morello, il caso del professor Riccomini.
Io qui non l'ho citato, se lei me lo fa citare le dico che è una pura vergogna. Se si ritiene, collega, spero che si voglia dire questo con il suo intervento, che se si è fatto un errore amministrativo, che se non sbaglio porta la responsabilità del futuro consulente del Sindaco sulle questioni amministrative, attualmente Direttore generale del Comune, allora credo che si voglia dire che ci vogliono le dimissioni del dottor Medini dalla sua consulenza.
Sì consigliere Mazzanti, perché è stato confermato quel contratto, è stato confermato; e se non era per la sua attività di free lance della politica, non solo del giornalismo, sarebbe stato probabilmente confermato.
Quindi se il problema è di natura amministrativa, allora si chiede la testa di chi ha commesso l'errore. Se invece, perché così non è, si tratta di qualcosa che la politica risolve in tutti i principali Comuni d'Italia, ed è incredibile che non si sia voluto agire similmente nei confronti di una personalità come Eugenio Riccomini, si poteva risolvere facilmente il problema, senza nascondersi dietro a molta ipocrisia. Esattamente quanto mi sono permesso di indicare fin dal primo intervento che feci all'inizio-seduta di un Consiglio comunale, due giorni dopo la pubblicazione della notizia da parte del giornale del consigliere Mazzanti, si poteva e si può fare tranquillamente. Nulla osta, tanto meno il parere richiedibile dell'Università di provenienza. Nulla osta. Questo l'hanno capito anche i sassi a Bologna. Quindi se si cita questa questione, si citi correttamente. Ultima questione: il museo Morandi. Qui, consigliere Morello, siccome sono stati fatti dei pastrocchi, lei ha ragione, essendo in qualche modo costretto a occuparsi di tutto, come capita a noi, ha ragione. Avrà letto anche sulla rassegna stampa, che qualche voce notevole- diciamo d'entourage- autocandidatisi a sostituirla, assessore Deserti, hanno rilasciato numerose dichiarazioni in cui sembrava, in sostanza, questo museo fosse in condizioni di piena disponibilità.
"Preleviamo 10 quadri"-qualcuno ha proposto, "spostiamo i Morandi 10 qua e 10 là", ha detto un altro,.Si cita il parere autorevolissimo del professor Barilli, che già 10 anni fa sostenne che era meglio non mettere in Municipio i Morandi. Sì, ma 10 anni fa. Adesso bisognerà pure considerare la concretezza del problema? Abbiamo un lascito senza il quale il Museo non può esistere colleghi, quindi leviamoci dalla testa che si possa spostare. Allora capite perché si apre un problema concretissimo, e cioè come davvero, visto che qua deve stare, si risolve una volta per tutte il problema della GAM le cui performances stanno per ora nel mistero, ma che anch'io auguro, poiché il consigliere Mioni ha parlato di performances straordinarie, che vengano.
Come si risolve il problema dei rapporti fra GAM e Museo?
Io mi permetto di pensare che occorre dare anche a questa sede, nella residenza Municipale, una grande politica di permanenza di grandi mostre, di destino, collegate a questo, che è comunque un patrimonio che non avrà mai uguali. Cito qualcosa che riguarda le gestioni precedenti. Per quanti Caroselli con Gilbert e George possiamo fare, il lascito Morandi varrà sempre per l'immagine di questa città 80 mila volte 80 quello che valgono queste mostre peraltro interessantissime. Allora non possiamo mettere a disposizione questo patrimonio perché arricchisca altri, dobbiamo dare indicazioni a cui lei, Assessore, non deve sfuggire, di progetto anche per la GAM, e dobbiamo finalmente avere un rapporto serio e sereno fra questa istituzione e il museo Morandi, il cui futuro di direzione non avete coperto, e avete invece fatto allontanare una persona che meritava il rispetto di una risposta Assessore, sì, meritava il rispetto di una risposta.
Concludendo: l'opposizione ha fatto precise proposte e indicazioni.
Quasi troppe colleghi, quasi troppe per essere contenute in un unico Consiglio comunale.
Perché la cultura a Bologna è uno snodo fondamentale fra economia, risorse e natura stessa dell'identità della nostra cittadinanza.
Torneremo spesso su questo tema, voi certamente lo sottovalutate.
Su questo io non avrei alcun dubbio, ma la nostra è una sfida positiva.
Noi vogliamo che a Bologna la produzione culturale mantenga forti le sue radici,anche dopo questa che io ritengo una parentesi infausta di gestione della
cultura.
Anche perché, lo dico senza arroganza, comunque, questo destino della cultura io penso, si troverà sostenuto su spalle più robuste quando gli elettori vorranno darcele con il voto.
Bisogna smetterla di considerare la cultura quindi un terreno per risse personalistiche o per divisioni correntizie.
Venga il Sindaco a rispondere, materia ce n'è, noi incalzeremo, abbiamo incalzato e incalzeremo da oggi per tutto il mandato.


Bologna, 23 ottobre 2001
Agli Organi di Informazione

Nota Stampa

Teatri: dal Consiglio Comunale straordinario quattro proposte chiare
L'Opposizione lancia una "Vertenza per la libertà"


Guazzaloca e Deserti non hanno saputo fare altro, di fronte all'iniziativa dei Teatri e dell'opposizione, che lanciare accuse sulla professionalità dei teatranti bolognesi: "esosi ed avvizziti". Ma non è più il tempo delle schermaglie polemiche.
L'opposizione rilancia una vera e propria: "Vertenza per la libertà dei teatri" a Bologna.
Quattro proposte sono emerse con chiarezza dal Consiglio Comunale di ieri e di questa notte.
1. I teatri non costano, anzi fanno risparmiare, in un sistema pubblico privato efficiente che va confermato. In altre grandi città c'è uno Stabile pubblico unico che costa di più e rende di meno. In altre non c'è niente. A Bologna abbiamo circa 15 stagioni teatrali e nell'area metropolitana circa 30. Bisogna confermare ed allargare la politica delle convenzioni. Coinvolgendo proprietari di sale oggi abbandonate si possono raddoppiare il numero degli Stabili convenzionati a Bologna, facendo spazio a realtà davvero nuove e non importate.
2. "Bologna teatri" va sostenuta e ampliata. Occorre lavorare per allargare le funzioni di servizio che offre ai teatri grandi, piccoli e piccolissimi andando
verso una pubblicizzazione integrata dei cartelloni e realizzano, in uno spazio adeguato, un Centro di Servizi che sia assieme un luogo dove provare, a fare
laboratorio, mettere in scena, avere uffici per il sostegno imprenditoriale alle diverse imprese teatrali, in particolare quelle che, da sole, non hanno la forza per trasformarsi in soggetti convenzionati, in gestori autonomi di spazi.
3. Occorre mettere nelle convenzioni obblighi e incentivi perché i teatri grandi aiutino i piccoli, ospitandone le produzioni, diffondendo, con l'ottica emiliana del "Distretto", qualità artistica ed imprenditoriale.
4. Non è tollerabile che si torni all'epoca del Comune elemosiniere, che discrimina fra amici e nemici. Le convenzioni ed i finanziamenti su progetto vanno sottoposti dal Comune al giudizio di una autority indipendente, formata da professionisti e da ricercatori dell'Università, oppure, in subordine, vanno attribuite a personalità super partes, scelte dallo stesso mondo teatrale oltre che dal Comune, funzioni di referee dei progetti.
C'è abbastanza materia per animare una vertenza. Presenteremo questi quattro punti alla Convenzione dei Teatri, in preparazione per il 6 e 7 dicembre. Bologna, per fortuna, non parla alla sua cultura solo con le arroganti parole e gli arroganti silenzi del Sindaco e della sua Assessora.

Davide Ferrari
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LA PACE E LE CULTURE DI BOLOGNA
Davide Ferrari ricorda Giacomo Lercaro


Nel consiglio comunale di oggi il capogruppo Due Torrì-DS Davide Ferrari ha ricordato la figura e l'opera del Cardinale Giacomo Lercaro, nel 25° anniversario della sua scomparsa. Due le questioni sollevate da Ferrari.
"Il Cardinale Lercaro fu un uomo di fede integrale, salda nei principi e costantemente forte.
Proprio a motivo di ciò fu uomo capace di cambiare, ricercando sempre la verità nei fatti.
Fu uomo capace di ascoltare, di sentire il dovere, proprio per inverare le scelte di fede, di non arrendersi al conformismo, diffidare con coraggio la necessità di prendere posizione sui temi più tragici.
Fece così chiedendo la sospensione dei bombardamenti americani sul Vietnam.
Mise le ragioni della pace, secondo giustizia, prima di ogni calcolo politico.
Il Magistero di Lercaro a Bologna deve essere ricordato anche, e soprattutto, per la forza che ebbe di cambiare le culture politiche e morali presenti nella nostra città.
Lercaro non si fermò infatti a un dialogo fra diversi.
Riuscì a determinare profondi cambiamenti nelle culture della città.
Nessuna corrente di pensiero, a Bologna, fu più la stessa dopo Lercaro.
Furono anni di grandi aperture ma anche di sinceri mutamenti, nella Chiesa, nella società, nella politica.
La speranza e non la condanna operò per fare mutare convincimenti, superare ideologie.
"Resta dunque un dubbio- a concluso Ferrari- È imperituro il mandato di un Magistero che turba e modifica oppure quello che confina, isola e divide?
Una certezza: la pace, un dubbio: il rapporto fra la Chiesa e Bologna.
Ecco le due grandi memorie che ho di Giacomo Lercaro",

Lunedì 22 Ottobre , 2001

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FERRARI E LA SALUTE DI GUAZZALOCA

«Dai sindaco, ce l'hai fatta»


Davide Ferrari, capogruppo ds in Comune, commenta così l'intervento del sindaco Giorgio Guazzaloca al Meeting di Rimini: «Ho ascoltato le parole sobrie del sindaco sulla sua malattia. Proprio io — che con convinzione e non solo per ruolo politico, do un giudizio del tutto negativo della sua attività politica e amministrativa — sento il bisogno di dirgli adesso, con forza, come con trepidazione nelle più dolorose giornate del suo ricovero: 'Dai che ce la fai!'. Il nostro consiglio comunale è fatto da persone, questo non va mai dimenticato. Come ogni luogo di lavoro, deve essere anche un ambito di socializzazione e partecipazione umana. Guazzaloca ha detto che il male l'ha 'risparmiato', non che lui l'ha vinto. Sono molto contento e dico ancora: 'Dai, sono sicuro, ce l'hai fatta!'».

IL RESTO DEL CARLINO, Domenica 26/08/2001

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LA SENTENZA CONTRO IL SINDACO SULL’INQUINAMENTO

«Arroganza e propaganda»
La parola torni alla politica
di Davide Ferrari

Ha ragione chi ha scritto che dopo l'importante sentenza del giudice Bruno Ciccone la parola deve tornare alla politica. La sfida della salute e dell'am-biente è difficile per tutti, per qualunque giunta. Quello che in questi mesi è apparso intollerabile è il mix di propaganda e di arroganza con il quale il sindaco, in prima persona, ha voluto aggirare il nodo. Ora i partiti ed i consiglieri comunali del Polo reagiscono furiosamente. Ma non vale nemmeno la pena di replicare, vista la loro totale latitanza sui problemi della città. Il dato politico è invece che è da tempo dimostrata l'infondatezza della cosiddetta “medietà“ del sindaco che, anzi, ha agito per frenare quel che di buono c'era nelle progettazioni dei tecnici che, pure, aveva scelto l'assessore Pellizzer. Anche a questo si devono i ritardi nella presentazione del Piano generale del traffico ed il rinvio di ogni risposta sulla futura realizzazione delle infrastrutture. Non bisogna fare l'errore di politicizzare le risposte al traffico, come ha fatto Guazzaloca, che è parso ragionare così: il 'civico'sono io, quindi i comitati non esistono... Chiediamo che si volti pagina. Bisogna definire un'agenda di cose concrete da fare dopo la sentenza. Quello che si deve fare è chiaro: osservare l'ordinanza, far funzionare i controlli, a partire da Sino, rispondere ai cittadini ed agli operatori professionali del traffico che hanno presentato da mesi una ricca piattaforma.

* Capogruppo Ds in Comune

IL DOMANI, Domenica 15/07/2001
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Caro Vito, l'aria è stretta


di Davide Ferrari

Alla vigilia dello spettacolo comico nel quale l'artista bolognese interpreterà il ruolo di Guazzaloca, Stefano Bicocchi, in arte Vito, ha esternato in un'intervista le sue simpatie per il primo cittadino. Arrivando a proporlo come candidato, questa volta per il centrosinistra, alle prossime elezioni. Le parole di simpatia e apprezzamento per la "popolarità" del sindaco da parte di Vito, «mi piace perché scende dal pero, non è un fighetto come tanti altri politicanti», che professa simpatie e radici di sinistra, sono arrivate in Consiglio comunale. Con una lettera aperta al comico, da parte del capogruppo Ds Davide Ferrari.

Caro Vito, ti scrivo con affetto. Mi ha fatto piacere leggere che non cambi opinione, che sei di sinistra. Sarei venuto ugualmente ad applaudirti, come sempre ma, come nasconderlo, sono più contento quando a piacermi è un personaggio, una persona, con cui condivido qualcosa, un "modo di essere". È vero: la sinistra di oggi è quello che è. Mi dicono intanti che è inutile rimpiangere il passato però...Pensare a tante cose che non vanno dalla "parte giusta" mi fa un po' rabbia ma non mi fa giustificare ciò che continua a non piacermi. Vorrei parlarti un po' del nostro sindaco, di Giorgio Guazzaloca. Vorrei dirti il mio pare re."È una persona onesta ed impegnata" - tu dici. Io non ho motivi per dubitarne. Detto questo, la qualità di Guazzaloca che mi sembra più grande non è fra quelle di cui tu parli. Io penso che il sindaco conosca molto bene la vita produttiva di Bologna e benissimo tanti suoi protagonisti, non solo i grandi, ma anche molta gente comune nel commercio e nelle imprese. Qual è la cosa più negativa
invece?
Caro Vito, non solo non è vero che Guazzaloca ascolta di più la gente ed i cittadini di quanto facevano i sindaci precedenti, almeno quelli che io ho conosciuto: Vitali, Imbeni, Zangheri, Fanti, ma al contrario io trovo che il distacco fra chi governa e chi è governato sia in costante aumento anche a Bologna. Giorgio Guazzaloca parla e appare poco ma adopera spregiudicatamente quei mezzi di comunicazione di cui pare disporre con larghezza, non solo alcuni giornali e televisioni, ma anche ogni momento e luogo significativo per comunicare alla città. In questo campo non ce n'è per nessuno: il pluralismo è considerato una perdita di tempo. Ma c'è di più. Io penso che l'alternanza sia davvero un grande valore. Non si può e non si deve governare troppo a lungo nemmeno quando si ha ragione. Non sono fra quelli che ha considerato una catastrofe morale "perdere Bologna" anche perché penso che Bologna non fosse di nostra proprietà. L'alternanza può essere molto utile per cambiare aria, aprire le finestre. In questi due anni, invece, ho sentito nella nostra città "un'aria più stretta" non ho visto figure nuove. Ho visto scegliere, discriminare, talvolta patteggiare, ma sempre fra i soliti noti. Non sono mancate le discriminazioni, nel mondo sportivo, nell'associazionismo e nel volontariato, nella cultura, persino nelle famiglie povere e i loro bambini che sono stati divisi tra chi ha diritto a un premio - perché va in una scuola privata - e chi no. Pensa, persino i semafori vengono messi qua e là a seconda di chi abita nei pressi. C'è un'aria stretta, davvero. Non dico che si soffochi, questo no. D'altra parte anche l’opposizione, e talvolta con molta decisione, ha lavorato e sta lavorando per allargare spazi, per promuovere opportunità eguali.
Non so se è vero che non è cambiato nulla da quando c'è Guazzaloca.
Mi sembra però che Guazzaloca sia sempre di più il continuatore del peggio e non del meglio, anche di tanto di quel consociativismo che via si era costruito in un'esperienza così lunga di governo delle sinistre e del centrosinistra.
A me questo non piace proprio. Volevo che la città cambiasse, anche prima, figurati se non vorrei più cambiamento adesso che governa il centro destra. Per questo motivo non vorrei proprio che una persona pur capace come Guazzaloca fosse stato il candidato dell'Ulivo e certo non voglio, proprio non voglio, che sia il modello del candidato del centrosinistra alle prossime elezioni. Vorrei un rapporto fra il Comune e i cittadini dove l'idea che si ha di Bologna non fosse: "l'orto dei soliti", ma l'allegra piazza delle nuove tante cose che i bolognesi sanno fare e hanno voglia di raccontare. Caro Vito, a te e ai tuoi compagni di scena un grandissimo in bocca al lupo per questa estate.

Capogruppo Due Torri di Consiglio Comunale

Venerdì 06.07.2001

Un pensiero di oggi.

Feci certamente un errore. Non risposi rapidamente ad una furibonda, e scaltra, campagna che un giornale seppe montare su questa mia dichiarazione.
E’ vero.
Leggendo però il testo colpisce, forse solo me, come il ragionamento fatto allora fosse sostanzialmente esatto.
Erano invece ancora giorni nei quali attaccare la figura del nuovo Sindaco era per quasi tutti, non per me, osare troppo.
Presi atto dell’errore tattico, mi chiarii con Vito, che è forse l’attore a me piu’ caro, ma non cambiai mai il registro.
Guazzaloca da una parte, ‘opposizione dall’atra.

D.F.
Maggio 2004


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Due Torri per Bologna

CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO SULLA RESISTENZA
Bologna, 9 aprile 2001

RELAZIONE DI DAVIDE FERRARI
Presidente del Gruppo DUE TORRI

Io credo che quando un Consiglio comunale, volenti o nolenti i colleghi della Maggioranza, discute di temi così rilevanti, occorre chiedere ai propri interlocutori la pazienza di svolgere una discussione pacata e seria e di ascoltare, per poi eventualmente ribattere un'argomentazione non solamente ancorata all'attualità e ai più stretti termini della polemica politica.
Nei giorni scorsi sono intervenuti esponenti importanti della cultura nazionale a partire da un singolo avvenimento, che forse - forse - gli attori, coloro che avevano con i loro emendamenti, tesi a togliere il riferimento alla Resistenza nella citazione sulla Costituzione, presente nel nostro Statuto del Comune di Bologna, non avevano nemmeno ben valutato per cogliere, ripeto, in questo evento un riferimento più generale.
Alte e importanti figure della Resistenza e della Cultura italiana hanno messo in relazione la questione dello Statuto del nostro Comune, che voi avete aperto - con gravi fatti, gravi, legati talvolta al tentativo di sponsorizzare dalle sedi istituzionali, peraltro quelle più improprie, le operazioni più smaccate di revisionismo storico e di indirizzo politico della ricerca storica e della divulgazione scolastica della ricerca storica, altre volte a mettere in dubbio persino i fondamenti della legittimità dello Stato democratico con proposte di netta separazione dei diritti della cittadinanza, a seconda della razza o della Religione, e altre ancora con l'avvallo, anche in Italia, di personaggi, che rappresentano la più squallida riproposizione della cultura fascista e nazista nel cuore dell'Europa ai nostri più vicini confini.
Tutto questo avviene oggi in Italia, non c'è dubbio che chi è intervenuto nel dibattito culturale e nazionale su questo tema di Bologna, ha posto una relazione, ha posto un termine di connessione fra questo, di cui oggi noi discutiamo e la più generale tendenza al revisionismo storico e all'attacco dei fondamenti repubblicani e democratici della funzione statuale nel nostro Paese, come per altro in tutta l'Europa.
Chiediamoci perché, colleghi della Maggioranza. Se fossi in voi cercherei di rispondere non - come dire - come fa lo scolaretto bacchettato, per carità, nessuno vi chiede questo, ma chiederei a me stesso di rispondere agli interrogativi che sono stati rivolti alla nostra città, perché quando una parte importante della cultura nazionale rivolge un interrogativo angosciato sulla natura e la tenuta della democrazia a chi governa una città, lo rivolge alla città stessa e questa città deve rispondere, oggi dovrebbe rispondere con le vostre parole, che rappresentate la maggioranza.
Fra le tante voci voglio citare quella più recente e forse più autorevole, che un quotidiano bolognese ci ha invitato a leggere, quella di Claudio Pavone, uno storico che ha partecipato alla Resistenza da protagonista, ma che è anche una delle figure più illustri dell'Università italiana. Ebbene, Claudio Pavone ha ricordato con grande chiarezza di riferimenti, addirittura cronologici, il nesso inscindibile che vi è fra Resistenza e Costituzione democratica. Certo, vi sono stati altri fattori, la liberazione per l'iniziativa delle forze alleate, il clima di collaborazione democratica a livello internazionale, che ha portato alla sconfitta del nazi-fascismo, ma in Italia se non si è andati a una pura e semplice restaurazione di quei fondamenti autoritari e irrisolti dello Stato democratico, che avevano consentito il fascismo, dalla monarchia allo Statuto albertino, questo si è avuto grazie al fatto che dalla pura e semplice caduta istituzionale del fascismo, alla rinascita del nostro Stato, c'è stato un avvenimento, non hanno parlato soltanto le nazioni belligeranti, ha parlato una parte importante del nostro popolo e della nostra cultura.
Ha parlato la Resistenza italiana.
Io ricordo un discorso molto bello di Alcide De Gasperi, quando chiese la rilegittimazione del nostro Paese, di fronte al consesso delle nazioni ricostruito da chi aveva vinto quella guerra, così tragica come la seconda guerra mondiale è stata, Alcide De Gasperi iniziò il suo discorso dicendo:
"Io sento che soltanto la vostra personale cortesia vi trattiene dal manifestarmi la vostra ostilità".
Ebbene, Alcide De Gasperi era presidente del Consiglio di uno Stato rinato, non era presidente del Consiglio di uno Stato ricostruito come era prima del fascismo.
Ha potuto parlare a nome dell'intera nazione al di là delle maggioranze e delle minoranze fra le forze democratiche, perché era presidente del Consiglio di una nuova Repubblica democratica, di una nuova Italia.
Non dell'Italia di prima del fascismo, ma di una nuova Italia.
L'Italia del voto alle donne, l'Italia della libertà e del diritto al lavoro, l'Italia come non c'era mai stata prima.
Mai stata prima e quell'Italia non è nata - ripeto - per caso, è nata perché si sono incontrate, sancendosi poi nella Costituzione, culture prima non protagoniste e non affermate fino in fondo come il caposaldo della vita civile di questo Paese.
Non più le culture dei maggiorenti oppure dei gruppi di potere economico, ma le culture delle grandi forze sociali e politiche di massa.
La cultura cattolica, la cultura socialista e comunista che è stata in Italia sul terreno democratico, le culture repubblicane, le culture liberali, quelle cioè che sono state però al vaglio della loro trasformazione in culture compiutamente democratiche e repubblicane.
Questo è molto importante.
Oggi, a fronte dello sconvolgimento che ha portato in questo decennio al trapasso da una Repubblica a un'altra, trapasso ancora incompiuto, ed oggi quando questa trasformazione del nostro Paese avviene, mentre in tutta Europa è all'ordine del giorno un processo di unificazione politica e statuale, chiediamoci: è su questi fondamenti che noi vogliamo ricostruire una stagione democratica nuova, di pace, più larga ancora ai confini sovranazionali di questo Paese o è un'altra Europa, è un'altra Italia che vogliamo affermare? Quale?
Qualche giudizio mi sento di avanzarlo, sulle culture che agitano anche il patrimonio culturale non solo dell'estrema destra fascista, che ancora agisce nel nostro Paese, ma anche culture più diffuse, più vaste, culture che sono dentro lo stesso schieramento del centro-destra.
Ve lo voglio dire con estrema franchezza, chiedendovi su questo una risposta ed un confronto.
Sono quelle culture che considerano l'integrazione europea come occasione di pura e semplice abolizione dei dazi e dei vincoli alla libera espressione del commercio e dell'attività economica, mettendo fra quei vincoli anche quei legami di solidarietà istituzionale finora ancorate alle carte costituzionali e ai diritti dei singoli Stati, colleghi, questo è il punto.
E sono anche quelle culture che in solo apparente contraddizione al liberismo assurto come forza più importante degli stessi vincoli di solidarietà civile e istituzionali statuali e della Repubblica, sono per le piccole patrie, per patrie di razza, per patrie di confine regionale ed economico, per patrie di stile di vita o di adesione religiosa. Piccole patrie conchiuse che sono non contraddittorie, ma alleate al liberismo che si vuole disfare degli Stati come principi sovrani a garanzia della libertà e della sovranità diffusa come garanzia della libertà di essere cittadini e non sudditi.
C'è un contrasto che esploderà fra queste due visioni, fra un Berlusconi e un Bossi, c'è un contrasto che esploderà, ma oggi la cosa drammatica e tragica è che se non si afferma una cultura democratica condivisa, la tendenza a una iper deresponsabilizzazione rispetto ai livelli collettivi, sia sul versante liberistico, sia sul versante regionalistico e comunitaristico, il rischio che noi abbiamo è che con il
passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, dalla prima Europa democratica, ad una nuova Europa federale, se le classi dirigenti chiamate a questo travaglio, a questo trapasso non sono concordi sul reinverare la democrazia a fondamento di questa trasposizione, di questo cambiamento, noi siamo a rischio nelle radici più profonde dei nostri diritti di cittadinanza, dei diritti di tutti, colleghi.
Ecco perché il centro-destra ha avuto tanta difficoltà anche a Bologna a prendere le distanze da quella che può sembrare una vicenda minuta, una questione amministrativa.
Eppure ci è stato persino detto: "guardate che in altri Enti locali non c'è questo riferimento, guardate che è un fatto tecnico."
No, non è così.
Ecco perché anche oggi siamo di fronte ad un ordine del giorno del centrodestra, compresa La Tua Bologna, che si limita a prendere atto delle dichiarazioni di antifascismo del Sindaco di Bologna e considera semplicemente di potere affermare un'unità della vostra maggioranza solo sulla ricusazione tecnica di questo Consiglio comunale e sul riaffido alla Commissione Statuto dell'itinerario della questione.
Non è un caso, perché questo avviene; non è un caso e lo sappiamo bene, lo sapete voi, come lo sappiamo noi; non è un caso perché nelle culture del centro-destra sono presenti quei punti che io vi ho sollevato e sono punti irrisolti.
Ecco allora i giorni che sono passati da quando i colleghi Cevenini e Benecchi hanno sollevato giustamente, seguendo l'itinerario di discussione che aveva nella Commissione Statuto il tema della Resistenza e del riferimento alla Costituzione della nostra Carta Statutaria fondamentale.
Ecco perché è avvenuto un dibattito che ha sfuggito ogni sede istituzionale, non era semplicemente una dimostrazione di arroganza da parte della Maggioranza, è che in questa sede si voglia o no dichiararla legittima, la politica deve andare nelle sue radici più profonde, non può sfuggire nelle pubbliche relazioni, non può sfuggire nella furbizia delle dichiarazioni tattiche.
No, in un Consiglio comunale la politica deve parlare sui motivi suoi più alti e forti, deve dire la verità.
Ecco il punto, ed è una verità indicibile, perché non c'è ricostruzione sui diritti fondamentali della Carta costituzionale italiana, sulla prima parte della Costituzione, come base per il passaggio al federalismo e alla nuova Repubblica d'Italia.
Oggi non c'è condivisione fra le forze politiche italiane nel centro-destra; è un problema, ripeto, ancora irrisolto.
Come ha visto Bologna questi giorni di furbizia e di dichiarazioni televisive di sfuggita alle responsabilità istituzionali di rinvio, come ha vissuto Bologna questi giorni che hanno visto, ed è molto grave colleghi, la sola Minoranza agire, perché si è arrivasse ad una discussione chiara in Consiglio comunale. Molto grave, che sia dovuta essere una parte sola a prendere questa iniziativa.
Io credo che la città abbia vissuto, reagendo certo con linguaggi diversi a seconda delle generazioni.
Certamente con lo sdegno lo sdegno di chi si è sentito colpito in prima persona come partigiano e resistente, come fondatore dei diritti di cittadinanza di cui tutti noi ci gioviamo oggi, e con l'interesse e la curiosità delle nuove generazioni che ha trovato in punte di avanguardia anche l'occasione di manifestare francamente l'interesse ai loro diritti di oggi, che devono rimanere nell'Europa di domani, che stiamo costruendo e non essere archiviati con la Resistenza alla Costituzione, io credo anche una diffusa inquietudine.
Può darsi che questo non si esprima direttamente in politica, ma Bologna, vedete, è una strana città;
è una città che è posta al centro dei processi civili e politici dell'Italia da sempre, da prima che esistesse come Stato la nostra nazione.
È la città che ha liberato per prima la servitù della gleba, è la città che ha visto dopo l'episodio della rivoluzione francese la prima Costituzione democratica affermanti i diritti dell'individuo, è una città che dopo il 1256 e dopo il 1796 ha vissuto più di altre il travaglio come libertà autonomamente cercata nella Resistenza della fine della seconda guerra mondiale.
Questo è dovuto ad un grande protagonismo politico che ha caratterizzato la storia di questa città, prima ancora che il termine politica fosse assunto nei termini della modernità, ma io credo che questo derivi anche persino dalla sua natura più propria: Bologna è una città, che è al centro delle vie di passaggio, non solo geografiche, ma culturali di questa nazione e che ha visto affermarsi le punte più alte di tutte le grandi tradizioni politiche del nostro Paese.
È una città che non può rinchiudersi nel protagonismo della libertà d'impresa e nelle piccole patrie conchiuse, perché la nostra piccola patria - Presidente - non esisterà mai, a fronte dell'Europa.
Può esistere nelle pendici prealpine, può esistere in un sud che torna all'indietro, ma al centro dell'Italia, dove è collocata Bologna, un destino di piccola patria non risponde in alcun modo, alla coscienza di avere necessità di libertà e di ricchezza di questa terra e di questa città.
È una città che ha bisogno di uno sviluppo che si leghi a solidarietà.
Uno sviluppo che è sempre stato teso al protagonismo dell'individuo e della collettività, perché non è fatto di grandi poteri e di grandi imprese, perché non può essere fatto così. Cambieranno dalla campagna alla città, dall'industria meccanica alla nuova economia i prodotti, ma la nostra sarà sempre una economia sociale tesa al protagonismo di molti.
Lo è per inevitabile destino della nostra natura umana, oltre che antropologica e geografica.
Chi oggi si vuole interrogare sulla bolognesità, chi addirittura si ritiene interprete di una bolognesità tesa al confronto e allo scontro con le altre culture, non comprende questa natura profonda della nostra città.
La bolognesità non è un presepio da agitare nei quartieri del piccolo commercio.
No, la bolognesità è una profonda idealità unita ad una necessità storica, Bologna è terra di libertà, perché senza libertà non ha futuro e non ha benessere.
Noi vi sfidiamo ad interpretare anche oggi questo terreno della storia e del futuro di Bologna.
Ripeto, cambieranno i nomi, cambieranno le occasioni, ma i valori non sono nati a caso con tanta forza in questa nostra città.
Per questo vi chiediamo di ritirare ordini del giorno tecnici, amministrativi, pretestuosi e di votare con noi che oggi come sempre è stato in questa città, Bologna sia all'avanguardia dei diritti di democrazia e di libertà.
Diritti modernamente intesi, ampliati, ma fondati sull'esperienza della Carta costituzionale e della Resistenza che ha in questa città una delle sue più alte e indissolubili radici.
Questo vi chiediamo: votate con noi che ora e sempre saremo dalla parte della resistenza democratica.




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LA LETTERA. Il Presidente del Gruppo Due Torri sui lavori dei consiglieri
«II sindaco in Consiglio non c'è mai»

di Davide Ferrari*

I lettori de Il Domani già lo sanno. Il Gruppo Due Torri ha. avanzato due osservazioni ai numeri che sono stati dati alla stampa sulle presenze dei consiglieri in Comune. C'è un dato in quei numeri infatti che - se non conosciuto - falsa del tutto l’interpretazione della reale vita del Consiglio. Alla voce votazione sono state conteggiate - è normale che si faccia, ma deve essere noto –anche le verifiche del numero legale. La richiesta di numero legale è un mezzo dell'opposizione per chiedere alla maggioranza di partecipare, di essere presente, ed ovviamente in molti casi l'opposizione non si associa al voto. Per forza poi alcuni Stakanov risultano anche fra i consiglieri della maggioranza. Proprio chi viene da noi spesso chiamato ai suoi doveri, ecco che, magia, si ritrova iscritto fra i più presenti. Grazie al Domani che ne ha scritto. Una seconda nostra osservazione mi pare interessante, e la ripropongo. Cerchiamo di rispondere alla domanda: "Chi lavora di più in Consiglio comunale?" Almeno per quanto riguarda la quantità del lavoro c'è un metodo obiettivo che può essere illuminante. Lo utilizzò, tempo addietro,un giornale della Destra bolognese, l'ex Pravda, l'attuale"Obiettivo". Si può infatti stilare una classifica della produttività. La produttività si può ottenete valutando, con le presenze, gli interventi, le proposte con ordine del giorno, insomma quanto si "fatica”. Ebbene i primi posti per produttività - in quella classifica – erano per il Gruppo Due Torri. Penso che - rifatta oggi - la classifica sarebbe la medesima. Un'ultima considerazione per il Sindaco Guazzaloca. Credo che solo un cronometro potrebbe servire a misurarci tempi delle sue reali presenze. Non solo non c'è quasi mai, nemmeno interviene. Neppure risponde alle domande che i cittadini, per mezzo dei consiglieri, gli rivolgono. Un segno di forza? Io non lo credo. Il dibattito non lo si vuole accettare, spesso, non perché lo si alimenta altrove, ma perché non si ha nulla da dire. Ecco due esempi. Il primo: la presentazione del progetto di Sede unica degli Uffici comunali. Era un'occasione ghiotta per Guazzaloca e la sua maggioranza. È finita in una sostanziale figuraccia. La maggioranza è finita in minoranza mentre il sindaco era ad una riunione della Federcami. Il secondo: il Bilancio. Per forza il sindaco è apparso il meno possibile. 44 miliardi di tasse con l'addizionale dell’IRPEF ed il tunnel sotto la collina? È meglio che ne parli il povero e sempre presente - diamogliene atto - assessore Galletti.

*Presidente Gruppo Due Torri

Dicembre 2000


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Bologna, 18 dicembre 2000

INTERVENTO SUL BILANCIO 2001
L'innovazione assente

La Giunta comunale ha presentato, per il secondo anno, un bilancio senza progettualità innovatrice. Questo avviene nonostante l'esperienza di governo della Giunta abbia avuto il tempo di consolidarsi, e nonostante le condizioni finanziarie molto favorevoli, dovute a tre fattori:
1) la riuscita delle politiche di risanamento del Governo nazionale, che permettono
di interrompere il restringimento progressivo delle risorse degli Enti locali,
2) il consistente attivo della gestione '99, eredità del mandato precedente assieme ai
90 miliardi per investimenti sociali erivanti dalla vendita di FM,
3) le maggiori entrate da leggi nazionali, regione e UÈ. In questo quadro l'utilizzo
ed il mantenimento dell'addizionale IRPEF si rivela, come previsto, non
indispensabile per fare quadrare i bilanci 2000 e 2001 ed è stato e sarà indirizzato '
prevalentemente a ritagliare margini di discrezionalità per la Giunta, in un bilancio
altrimenti molto impegnato in servizi.
L'elezione del Sindaco Guazzaloca ha rappresentato com'è evidente un
cambiamento profondo negli assetti politici di Bologna. Ora siamo ai risultati di
una prova già consistente di Governo per quanto riguarda il tempo,. Ebbene
neanche in questo che viene presentato dalla Giunta come il primo vero bilancio
del mandato del Sindaco, nonostante ci siano le risorse per presentare un bilancio
di "svolta", di chiari orientamenti, non si è capaci di andare oltre la scelta di
procedere senza innovazione, riservandosi possibilità di mutamento solo in
destinazioni di spesa aggiuntive sottratte ad una coerente indicazione di scopi e finalità sociali. Se resta una connotazione positiva nella "tenuta" del bilancio dal punto di vista tecnico e', questo, in realtà, un merito del solido apparato del Comune che riesce a garantire una sostanziale funzionalità, sia pure con le smagliature dell'arcipelago delle tante inutili consulenze tese a duplicare le funzioni già coperte da personale dipendente. E' grave invece che, nel bilancio, si specchi la totale mancanza di una volontà di accompagnare le energie ed i processi di cambiamento in meglio la città. In questo quadro ogni capitolo evidenzia maggiormente progetti di immediato ambito dei singoli Assessori mentre manca un quadro di priorità con il quale i Quartieri ed i cittadini abbiano potuto realmente confrontarsi.
L'iniziativa sindacale ha ottenuto alcuni risultati, tra i quali l'azzeramento dell'ICI
per chi affìtta a canone concertato e la considerazione di prima casa a chi assegna a
figli la propria seconda residenza. Ma sui terreni sui quali le organizzazioni
sindacali hanno indicato priorità di prospettiva: un reinvestimento sulle politiche
sociali e sulla solidarietà, la casa, la qualità negli appalti e nel rapporto pubblico-privato, anche per una applicazione coerente della Legge 626 per la sicurezza nei luoghi di lavoro, non si vedono risultati adeguati a fronte della reiterazione dell'incremento impositivo, che anche quest'anno si concretizzano in 22 miliardi richiesti ai cittadini. I posti aumentati al nido sono dovuti alla realizzazione di
investimenti del mandato precedente, l'assistenza domiciliare non raggiunge le
quote stabilite dall'accordo dell'amministrazione con le OO.SS, per la casa non
vengono previste risorse adeguate nemmeno ad avviare un serio programma di
manutenzione del patrimonio pubblico, ed a questo proposito si evidenzia la
positività della proposta IACP sull'ICI gravante sull'edilizia pubblica da destinare invece a manutenzione e adeguamento in tema di superamento delle barriere architettoniche per anziani e disabili ed al risanamento elle case popolari dall'amianto. Non sono individuati e finanziati interventi per case adeguate a singles, giovani coppie. Solo l'intervento dell'opposizione consentirà di evitare l'espulsione dalle case pubbliche di famiglie in condizione di povertà estrema mediante un sostegno economico, come richiesto dal centrosinistra nelle commissioni e che la
giunta aveva soppresso in quest'anno 2000. Le politiche per la sicurezza e contro
l'esclusione sociale sono entrambe disattese. Non vi sono risorse per i vigili di quartiere, non sono previsti allargamenti della importante iniziativa del Quartiere Reno, voluta dal Gruppo S. Bernardo, di assicurazione e risarcimento di chi ha subito il danno della criminalità. È quasi azzerato il finanziamento agli interventi per la sicurezza delle donne in città.
È incerta la possibilità di proseguire l'esperienza dei mediatori di comunità nei Quartieri. Le politiche di maggiore emergenza sociale appaiono indebolite e non finanziate, non vengono utilizzati in modo adeguato i finanziamenti statali, mai avuti in precedenza, per i senzacasa e gli immigrati. Così si riduce in quantità, oltre che in qualità dopo la chiusura dell'ISI, per quanto riguarda i temi della seconda accoglienza, dell'integrazione, alle politiche di prevenzione e di riduzione del danno, all'infanzia, dove ci si avvarrà solo delle risorse provenienti dalla Legge Turco senza ulteriore impegno, vengono ridimensionati i finanziamenti per il Centro per le famiglie, restano inadeguati i fondi per i minori e l'handicap, non sono a bilancio i 500 milioni per i genitori rimasti soli, in stato di bisogno, con figli a carico. Si sono tratti da qui i fondi per l'allargamento del progetto "un anno in famiglia". Per quanto riguarda i lavori pubblici si assiste alla realizzazione di quanto da tempo preventivato, con una mole significativa di risorse stanziate, con un preoccupante vuoto di programmazione per l'edilizia scolastica e gli impianti sportivi che fa intravedere il rischio di un rallentamento rilevante nel triennio prossimo. Così per quanto attiene alle infrastrutture viarie si mantiene il tunnel sotto la collina, che è in totale contrasto con il Piano paesistico regionale ed appare, anche per questo motivo, di assai dubbia realizzazione La mancanza di un piano poliennale credibile di investimenti riflette l'incertezza sia nella scuola, dove l'amministrazione appare impreparata ad affrontare, d'intesa con la Provincia, l'esigenza di un rafforzamento qualitativo della rete a fronte della riforma (vd oltre), sia nello sport dove la scelta, grave, di prevedere un nuovo stadio del nuoto, costosissimo e non coperto infatti da risorse certe, e rinunciare al progetto di copertura della piscina dello Stadio, segnala una inadeguatezza complessiva ed una confusione di indirizzi. Alle problematiche già messe in rilievo riteniamo utile premettere un ragionamento più generale: Bologna, città nei fatti metropolitana, deve riguadagnare, sull'innovazione produttiva, culturale, sociale un ruolo di avanguardia, di porta d'accesso alla qualità dei servizi e dell'economia per l'intera regione. Vogliamo segnalare in un unico ambito d'intervento tre questioni che segnano l'urgenza di un forte investimento
sulla qualità ed il futuro della città: comunicazione, al primo posto bisogna mettere sia politiche per l'impresa (e-valley, distretto multimediale), sia per le persone (alfabetizzazione, foltissima spinta ai percorsi studio-lavoro, ed ll'educazione degli adulti). A questo proposito appare rilevante l'appuntamento dell' istruttoria pubblica fissata per il 25 Gennaio 2001 dal consiglio comunale. Per quanto riguarda la cultura, si annuncia un taglio netto capitolo eventi culturali, una sottrazione di risorse giustificabile solamente se motivata da un impegno alla razionalizzazione e al coordinamento delle energie culturali che questa città ha da offrire, all'interno di una progettazione a lungo e largo raggio che l'attuale amministrazione non ha dimostrato di possedere. Mentre il Bilancio preannuncia tagli, dopo l'annualità considerata straordinaria e fuori norma del 2000, a cominciare dalla Sala Borsa, derubricata a prosecuzione di palazzo Montanari in altra sede, con una presenza di privati in spazi affittati di palazzo D'Accursio che inquieta per approssimazione e concezione inadeguata del rapporto fra imprese amministrazione, fino a tutti i rapporti con l'Università, che appaiono da ridefmire favorendo su progetti mirati un comune investimento, si preannuncia una riduzione dei progetti, un ritiro dalle buone idee, che sa di provincialismo e di sfiducia nella città. Altro che:" L'orgoglio di essere bolognese"-che ella spesso ci propone, Signor Sindaco.
Per l'impegno del Comune bisogna invece assicurare un futuro ed una continuità alle realizzazioni ed ai progetti di Bologna 2000. Le biblioteche comunali rimangono una voce limitata ai soli bilanci di quartiere, è assente infatti qualsiasi impegno
economico da parte dell'Università, al contrario di quanto stabilito dalla precedente convenzione Città-Università scaduta il 31/12/98 e non ancora rinnovata; si tratta di un vuoto inaccettabile dato che il servizio bibliotecario comunale continuerà anche quest'anno a sopperire alle mancanze dell'Università, concedendo i propri spazi come sale studio per gli studenti universitari e garantendo il prestito librario, al contrario delle biblioteche d'Ateneo. A ciò va aggiunta la precaria situazione edilizia e archivistica delle biblioteche di quartiere e l'accentramento delle risorse del sistema bibliotecario su Sala Borsa scuola, il bilancio riflette una totale assenza di interesse per il processo di riforma in atto. Il "buono scuola" e la pessima proposta - che oggi pare ritirata dopo i diecimila NO che ha ricevuto dal altrettanti cittadini- di togliere soldi alle scuole dell'infanzia comunali (chiudendone fino al 20%) per darli alle private, nascondono l'abbandono del tema scuola. Dall'infanzia alla maturità la città deve fare un patto con le scuole per sostenere, anche finanziariamente l'autonomia, convogliare investimenti privati, per fare delle scuole - edifici e insegnamenti - luoghi sicuri e meno poveri. Sulle scelte fondamentali l'impegno finanziario del comune deve stimolare ed esemplificare l'intervento, già oggi importante ma non riassunto in una reale prospettiva di interesse pubblico, di tutti gli Enti del privato sociale, a partire dalle grandi fondazioni bancarie, al mondo dell'impresa privata e cooperativa, alle risorse umane del volontariato e dell'associazionismo. Nonostante i nostri ordini del giorno che il Consiglio comunale ha approvato, non ci sono progetti innovativi per fare di Bologna la "città dei bambini e delle bambine", a partire dai "percorsi sicuri casa-scuola". D'altra parte manca ogni impegno significativo nelle politiche tese a nuove e pari opportunità per le donne ed i giovani. Le politiche giovanili vengono confermate, giustamente, in delega ai quartieri, eccetto una quota in dote all'Ufficio centrale. Fino ad ora è mancata una sintesi reale delle politiche giovanili decentrate, essa spettadi dovere all'amministrazione comunale. Dai quartieri da anni si portano avanti politiche di lotta al disagio, prevenzione, sostegno alla progettazione e alla partecipazione giovanile, favorendo l'associazionismo,il volontariato, la cooperazione sociale e, novità da non sottovalutare, la collaborazione con le scuole, gli operatori sanitari, le famiglie e gli insegnanti, i gruppi informali o naturali. In questo anno e mezzo di governo questa amministrazione si è limitata a finanziare singoli progetti, comunque privi di un contesto cittadino, ignorando le realtà dei quartieri, e non ha proposto una inversione di tendenza per il futuro. Nel campo delle politiche giovanili, appare quindi un bilancio povero nel merito. Appare urgente definire con un vero e proprio "patto per la città", un bilancio sociale di Bologna, specchio di una sussidiarietà realmente valorizzata nelle scelte a monte della programmazione urbana, regolata ed improntata al bene comune. In sostanza occorre raccogliere quell'esigenza di profondissimo rinnovamento e modernizzazione di Bologna che l'esperienza di governo, quale appare nelle scelte di bilancio, non sembra intenzionata a garantire. I quartieri, viceversa, intendono contribuire ad un rinnovamento vero della città, per questo richiedono l'affidamento di deleghe importanti, oggi incerto e quasi smentito, sui minori e la sanità, di determinare con il Comune le scelte sui servizi di relazione con i cittadini e di fornitura di documentazione, oggi a rischio di sensibile riduzione, e rivendicano un diverso rapporto complessivo con l'amministrazione, nell'individuazione dei bisogni e nella concertazione sulle scelte di priorità per i servizi e gli investimenti.
Anche la spesa delegata appare ormai da riconsiderare secondo criteri realmente budgetari che garantiscano più ampi e reali margini di decisionalità autonoma ai quartieri per quanto attiene le dirette competenze. Nella questione del rapporto fra Quartieri e Comune si riflette anche il tema urgente di una inversione di tendenza nell'orientamento dell'Amministrazione verso le periferie.
È la faccia oscura, quella parte della Luna che non vediamo mai della riproposizione accattivante della "bolognesità".
Le politiche sulla sicurezza condotte dalla Giunta, che si sono rivelate un fallimento ed oggi sono sottoposte ad un drastico, anche se per ora solo verbale, ripensamento, come si è prima citato hanno mostrato 1' urgenza di riaffermare una reale eguaglianza di opportunità, di diritti e doveri, fra Centro e periferie, dai servizi, alla
cultura, alla mobilità, che sola può fondare la ripresa di una funzione, in una città più grande e curata, del Centro storico.
È questa LA PROSPETTIVA CHE AIUTA BOLOGNA, UNA CITTÀ CHE HA UNA SUA GRANDE FORZA
A)Serve un PATTO PER IL FUTURO-PRESENTE DELLA CITTÀ:
Un patto basato sull'affermazione di UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE: Da
qui i titoli che più volte ho richiamato in questo Consiglio: INNOVAZIONE E
GIOVANI, la qualità dello sviluppo PER UNA BOLOGNA PIÙ'GRANDE, una
CITTA' METROPOLITANA.
La svolta rispetto agli indirizzi che presentate, una svolta verso obiettivi di vaste
dimensioni richiederebbe la formazione di UN BILANCIO SOCIALE
ALLARGATO: PIÙ RISORSE per la città, dalle fondazioni bancarie allo
sviluppo del ruolo del privato sociale e del volontariato, in un quadro trasparente di
FINALITÀ PUBBLICHE
B) Occorre un PATTO PER L'EGUAGLIANZA DIRITTI E DOVERI nella città.
Richiamo i temi, trascuratissimi dalla Giunta, di un rapporto equo fra CENTRO e
PERIFERIE, fra CITTADINI E NUOVI CITTADINI, i migranti.
In questa linea si dirigono gli obiettivi richiamati nei nostri ordini del giorno
Nascono da suggerimenti esemplari raccolti dalla città.
Riguardano prima di tutto la scuola e la cultura, la comunicazione, per sapere e
saper fare, l'edilizia scolastica e sportiva, la sala borsa, un pacchetto nuove
tecnologie, con la carta di credito educativa, l'alfabetizzazione, l'accesso
all'informazione per giovani.
Riguardano il sociale: più risorse, meglio spese, l'attenzione agli ultimi e
all'integrazione.
Richiamano la sicurezza delle persone, un ruolo vero dei vigili, l'aiuto a chi soffre
per il crimine.
Si prefiggono di garantire il diritto alla libertà di movimento senza inquinamento.

A opposizione degli annunci e dei propositi del Sindaco Guazzaloca, sono: IDEE PER LA CITTA' NON SULLA CITTÀ.

Davide Ferrari,
Presidente del GRUPPO DUE TORRI PER BOLOGNA

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Bologna, 2 novembre 2000

II Bilancio di Galletti: "Vedo le mura, vedo gli archi..." non vedo idee. L'opposizione metterà al primo posto l'innovazione

L'Assessore Galletti si appresta a presentare, per il secondo anno, un bilancio "grigio".
L'unica connotazione che resta è quella della sua tenuta dal punto di vista tecnico ("le mura, gli archi...").
È questo, in realtà, un merito del solido apparato del Comune che riesce a garantire una sostanziale funzionalità, sia pure con le smagliature dell'arcipelago delle tante inutili consulenze e il mantenimento dell'addizionale IRPEF.
È grave invece che, nel bilancio, si specchi la totale mancanza di una volontà di innovare, di cambiare in meglio la città.
Si è qui del tutto in linea con il "continuismo" Guazzalochiano.
In questo quadro ogni capitolo evidenzia le piccole grandi malefatte dei singoli Assessori, ma manca un quadro di priorità con il quale confrontarsi.
Sarà allora l'opposizione a doverle indicare alla città.
Già le organizzazioni sindacali hanno indicato tre terreni: un reinvestimento sulle politiche sociali e sulla solidarietà, la casa, la qualità negli appalti e nel rapporto pubblico-privato, sulle quali auspico un buon accordo fra sindacati e Giunta che strappi al centrodestra dei risultati importanti.
A questi io unisco un obiettivo forte, generale: Bologna deve riguadagnare, sull'innovazione produttiva, culturale, sociale un ruolo di avanguardia, oltre e contro "l'apnea Guazzalochiana".
Tre esempi:
- INTERNET, al primo posto bisogna mettere sia politiche per l'impresa (e-valley, distretto multimediale) sia per le persone (alfabetizzazione, foltissima spinta ai percorsi studio-lavoro, ed all'educazione degli adulti);
- CULTURA, a cominciare dalla SALA BORSA, ferma, fino a tutti i rapporti con l'Università, bisogna assicurare un futuro a Bologna 2000, e nel bilancio Guazzaloca - Galletti - Deserti non ce n'è traccia;
- SCUOLA, il bilancio rischia di riflettere il gelo di una totale assenza di interesse.
Il "buono scuola" e la pessima proposta di togliere soldi alle scuole dell'infanzia comunali (chiudendone fino al 20%) per darli alle private, nascondono l'abbandono del tema scuola. Dall'infanzia alla maturità la città deve fare un patto con le scuole per sostenere, anche finanziariamente l'autonomia, convogliare investimenti privati, per fare delle scuole - edifici e insegnamenti - luoghi sicuri e meno poveri.
In sostanza spetta all'opposizione, al centrosinistra, raccogliere quell'esigenza di profondissimo rinnovamento e modernizzazione di Bologna che l'esperienza di Guazzaloca non riesce a garantire, anzi non vuole.

Davide Ferrari



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03/04/2000
Muoiono due bimbi al campo di S.Caterina di Quarto. Bologna è anche questo La città deve scuotersi.

Innanzitutto voglio ribadire qui la solidarietà umana ai familiari delle due piccole vittime.
Non sappiamo tutto di questa vicenda, è importante quindi che se ne discuta subito, ma non basta, non basta, e non basterà, non ci basterà, colleghi, discuterne oggi. Per questo non ho compreso una proposta che in Consiglio è aleggiata, non è un mistero, non faccio scoop, se non si ritirano gli interventi di inizio seduta è meglio fare la discussione subito, se Rifondazione non mantiene la proposta di discuterne subito la faremo noi, non lo comprendo quando non si è voluto calendarizzare a tempi sicuri e certi e rapidissimi una discussione che avesse per primo argomento la verifica sui campi nomadi, non lo comprendo, infatti la discussione di oggi è importante ma non è sufficiente e rischia - ha ragione la collega Marri, ha ragione - rischia inevitabilmente di scadere sulle accuse politiche, quando invece bisogna stare al merito, perché il merito già di per sé stesso ha un profondissimo valore politico, lo cercherò brevemente di starci.
La prima lezione da trarre è che abbiamo di fronte un problema grandissimo, che conosciamo da molti anni, un problema al quale non si sfugge, colleghi, non si sfugge.
Guai se ancora, come in questi mesi si è fatto, ognuno di noi non cercasse di dare il meglio uscendo dalle leggende metropolitane che sono state così utili a fare maggioranza al momento del voto, ma con le quali non si imposta una politica di governo.
Così sull'immigrazione e il nomadismo, il problema non esiste, si è detto, esiste solo in termini di sicurezza perché Bologna ha allargato troppo le braccia? No, è un problema drammatico al quale non si sfugge, colleghi, non si sfugge, e che è oggi una tragedia come quella che abbiamo di fronte ci riconsegna tutta intera nella sua realtà. Non è sfortuna, collega Mazzanti - non lo vedo ma forse mi ascolta - non è sfortuna, termine infelice e inumano che è stato usato per citare quella famiglia pochi minuti fa, non è sfortuna, no, è la gravita dei problemi sociali che su più e diversi fronti noi dobbiamo affrontare come città, come Provincia, come Regione, come Governo nazionale.
Non era facile per noi affrontarli, non è facile per voi, ma questo non come ripicca sterile tra le diverse maggioranze del passato ed attuali, ma come necessità di ricomprendere la realtà per quella che è, non bastano annunci, colleghi, non bastano annunci, occorre procedere agli sgomberi dove già i quartieri l'hanno chiesto, so i casi di Navile e non si procede, occorre dare campo all'assistenza fino in fondo, senza remore, senza lesine; occorre procedere all'integrazione e a politiche scolastiche di cui non discutiamo da mesi e mesi per l'integrazione, se non per le tragiche, tragiche scorrerie del collega Garagnani sulle fedi dei bambini ammessi alle politiche di integrazione.
Dobbiamo discutere in generale, colleghi, di qual è la linea che ci porta, io voglio dirla così, a fare minori danni possibili e a fare più utile possibile con la nostra azione di amministratori.
lo da molti anni devo dire che ho della politica un senso certamente che mi permane alto, ma che anche ne comprendo fino in fondo i limiti. Ogni volta che siamo di fronte a fatti di questo genere, chiunque governi mi viene in mente la bellissima frase che Roman Polansky fa dire al suo protagonista in China Town: "il meno possibile", io dico: il minore danno possibile, è già molto, è già forse al di là delle nostre capacità. Dobbiamo cercare di fare il possibile per almeno ottenere questo risultato, altro che ideologia, altro che ideologia!
Io credo che questo sia uno sforzo che occorre compiere fino in fondo, utilizzando le competenze di tutti.
Voglio cogliere un dato della collega Marri, ha detto: anche incalzando l'Assessore, bene, almeno questo ci è concesso.
lo vorrei qui dire una parola: personalmente, non solo in quanto Capigruppo del gruppo Due Torri, non accetto, credo di potere dire che non è stato... lo farei se i ruoli fossero invertiti, che quando i casi della politica, che sono d'altra parte necessari in una democrazia, una alternanza di governo si propone, chi ha governato in passato e chi ha competenze professionali proprie non possa più esprimersi sulle questioni su cui ha agito per anni ed agisce tutt'ora professionalmente, è un totale assurdo, è inaccettabile, è una discriminazione verso chi ha avuto responsabilità politiche che è totalmente inaccettabile.
Mi avvalgo del tempo successivo. Questo vale certo per la collega Golfarelli come per il collega Delbono come per altri colleghi, varrebbe all'inverso, cioè senz'altro per ciascuno di voi, varrebbe con la medesima intensità di avvertenza del problema da parte mia.
Attenzione, perché se andiamo contro a questo principio, ogni dialettica democratica, se ci pensate, viene a essere indebolita.
Voglio allargare il ragionamento: se ogni volta ci si dice che chi ha governato per 54 anni deve tacere per altri 54, siete sicuri che non togliete una voce che vi può ricordare - per esempio come ho fatto poco fa io – i casi di Navile, di via Peglion?
Che vi può ricordare, quando parliamo di infrastrutture, la necessità di un ruolo importante, di una interfaccia tra Regione, Provincia e Comune? Siete sicuri che sia un bene per questo Consiglio comunale una linea di questo tipo?
Può reggere difensivamente qualche mese, ma è utile a chi ha responsabilità di governo? Io credo sia totalmente inutile, in ogni caso non lo accettiamo, quindi non tacciamo e non taceremo e nessuno di noi tacerà o accetta che gli si dica che deve tacere perché ha governato, anzi ci si avvalga dell'esperienza di governo.
Sulla Giunta attuale, voglio dire, è stato sollevato non da noi, collega Marri, ascolti meglio, noi non abbiamo sollevato le questioni delle dimissioni dell'Assessore, sul ruolo dell'assessore Pannuti voglio dire parole chiare: noi non condividiamo - io in particolare azzardo un giudizio personale - non condivido una ottica che mi sembra sia interna alla sua politica, Assessore.
Lei ci pone il problema giusto, di creare strutture sane e di avere anche il senso della qualità e quindi del limite numerico degli interventi, lo dico però: attenzione, attenzione, dentro a questa impostazione c'è un rischio forte, quello che si acceda a una concezione che viene detta in termini tecnici di welfare minimo, ma che in termini più pratici è questo: io costruisco strutture bellissime vetrina e il resto ci penserà la nomea che qui non si accoglie a risolverlo; non è così, Assessore, e se queste non sono le sue intenzioni, commisuri la sua politica, aggiorni la sua politica alla realtà che ci dice cose anche diverse, che ci dice cose anche diverse, cioè che i problemi ci verranno riproposti. Abbiamo quindi individuato questo limite nella sua politica, ma oggi è - io penso - tutta l'amministrazione ad essere chiamata in causa.
Tutta non significa tutta e nessuno, significa però che il Sindaco deve dare una svolta all'operare concreto della sua Giunta ed è innanzitutto a luì che ci rivolgiamo.
Noi valuteremo gli atti che la Giunta riterrà più opportuno nelle prossime giornate compiere; ci auguriamo che vengano atti concreti, che vengono interventi, che vengano verifiche ulteriori, se verifiche ne ha già date, Assessore, si avvalga di quelle che ha fatto fino in fondo. Se questo non verrà fatto, noi chiederemo con
coerenza che si apra un momento d'indagine che il Consiglio comunale gestisca, ma lo valuteremo, questo atto, a partire da quello che la Giunta farà, senza preconcetti e pregiudizi.
Infine un'ultima considerazione: guardate, gli strumenti autonomi già erano in campo per discutere, di fronte a tutti i cittadini, con cognizione di causa e poi per intervenire sui temi più difficili oggi, su cui agiscono referendum, proposte di legge su cui al calor bianco lo scontro politico, come i temi della sicurezza, dell'integrazione e del nomadismo. Il problema è che questi strumenti sono stati o sciolti, come l'istituzione per l'immigrazione, o sospesi, come i progetti per la sicurezza, o sottoposti a fuoco incrociato, come quelli sul tema del rapporto con le consulte riconosciute istituzioni per l'esclusione sociale.
lo non so, questa è una domanda che pongo al centro, a quello che considero il centro della maggioranza di governo, cioè al gruppo de La Tua Bologna in primo luogo e al gruppo di Governare Bologna; io non so se queste scelte sono congrue con l'impostazione persino ideale che trovo scritta nei vostri documenti, non so.
Certo, capisco, ci sono identità diverse, c'è una maggioranza composita, c'è anche una richiesta della città di cambiamento purché si cambi, è vero, ma c'è qui qualcosa che non quadra.
Se noi non riconosciamo la funzione istituzionale di governo anche a quei corpi intermedi, a quelle realtà istituzionali o consultive che erano state messe in campo proprio perché libere potessero porre problemi in libertà all'amministrazione, e l'avranno fatto, l'hanno fatto, altro che greppie per il sottogoverno, se qualcuno di voi leggesse i rapporti che l'istituzione per l'immigrazione ha mandato e ha consegnato alla nuova amministrazione, troverebbe alimento ben maggiore degli interventi che talvolta abbiamo qui udito proprio per un'analisi critica e autocritica del passato che abbiamo alle spalle, troverebbe materiale, alimento ben maggiore.
Allora è una domanda che vi pongo, io non credo che questa politica sia congruente all'identità di un centro politico per questa città, non lo credo. Voi ci risponderete: ognuno faccia il suo mestiere, è vero, ma il dibattito politico deve dal merito trarre anche delle tal ragioni più generali, noi certamente questo problema
ve lo porremo, senza arroganza, ma senza tacere mai.
Dobbiamo - nei ruoli sempre distinti di opposizione e di governo - pensare al bene della città che oggi nessuno riesce a leggere e a fotografare integralmente, questo è un problema anche serio, nessuno riesce ad avere una fotografia di Bologna integrale. Ecco allora che, ripeto, con una opposizione seria, incalzante, che non farà sconti ma che pone questioni, noi insisteremo nella nostra azione, mi aspetto una risposta che sia a questo tono e a questo livello, che ho cercato di dare, e non certamente che ci parli di altro.
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Data Seduta: 27/03/2000

Argomento:
INTERVENTO DI INIZIO SEDUTA: IN RICORDO DELL’ASSESSORE UMBRO LORENZINI RECENTEMENTE SCOMPARSO
Consigliere FERRARI DUE TORRI

Signor Sindaco, signor Presidente, colleghi, signora Maria Teresa, signora Manuela, io credo che nel ricordare una figura così importante nella vita amministrativa, ma anche civile come quella di Umbro Lorenzini e ringrazio il Sindaco per averlo voluto fare a nome di tutti noi, il gruppo consiliare che è in qualche modo erede se non delle competenze e delle capacità, prova molto difficile, eredità pesante per noi, ma senza dubbio degli ideali ha io credo il dovere di ricordare con brevità alcune delle caratteristiche umane, ma anche politiche di quell'impegno.
Sulle caratteristiche umane abbiamo già sentito poco fa della sua viva voce che si parla attraverso i suoi scritti, io vorrei ricordare che Umbro Lorenzini è stato un uomo molto impegnato politicamente, è stato un uomo di una parte fino in fondo, ma è stato un uomo libero.
Qualche giorno fa, proprio il medesimo giorno della scomparsa di Lorenzini io ho ricevuto un testo bellissimo che ha curato un grande intellettuale di questa città, Giancarlo Gaeta, che è la lettera a Cristina di Lorena di Galileo Galilei.
Ci insegna che non è facile essere liberi di fronte a una teologia.
Anche nella nostra città degli anni del dopoguerra , certo così diversa, dove le parole erano tanto diverse da quelle con cui si esprimeva Galilei, era il tempo di massima espansione della grande avventura politica da cui noi nasciamo, che è stata anche una grande teologia.
Ebbene, di fronte a questa teologia Umbro Lorenzini è stato un uomo libero.
Scriveva Galilei: "io scopersi alcuni anni addietro come ben sa l'altezza vostra molti particolari nel cielo, stati investibili sino a questa età - e poi ricordava le contrarietà i dolori e anche le incomprensioni patite per queste scoperte e concludeva - è accaduto poi che il tempo è andato successivamente scoprendo a tutti le verità prima da me additate e con la verità del fatto si è fatta palese la diversità degli animi tra quelli che schiettamente senza altro livore non ammettevano per veri tali scoprimenti
e quelli che alla incredulità aggiungevano qualche affetto alterato".
Chi ha conosciuto la vicenda politica e umana di Lorenzini comprende come queste parole singolarmente la rammemorano.
Ecco, è importante che noi tutti noi non siamo tra gli ultimi cui accenna Galileo, che dimostrano non ammettendo la ragione storica della battaglia di Lorenzini le motivazioni peggiori di un contrasto che egli ricevette.
Dobbiamo essere fra i primi, quelli cioè che riconoscono a una generazione importante di riformisti e di riformatori concreti, di aver portato da Bologna tutta la sinistra italiana a traguardi più nuovi, più alti e più importanti. Questo io credo un contributo a tutto il sistema politico e senza dubbio alla città, alla sua civile concordia, fuori ad ogni rissa ideologica ma anche al senso del futuro che può prevalere il nostro amministrare concreto e quotidiano.
Un giornale ha scritto, con parole bellissime, che Umbro Lorenzini è stato un uomo del futuro, ecco credo che non questa frase noi possiamo ricordarlo convinti quindi non solo di una eredità umana, ma anche di una eredità politica, di un segnale politico, se anche da parti che ci avversano viene il riconoscimento importante di questa forza ed anche di questo rinnovamento nella forza di questa politica beh, non è stato invano tanti altri lottare, agire, governare per Bologna, per la sinistra bolognese.
Infine vorrei leggere, i familiari mi hanno detto che Umbro Lorenzini era molto legato alla lettura di un grande poeta come Guido Gozzano e nel ricordo che la famiglia ha stampato ci sono dei versi bellissimi che vorrei leggere, perché danno un appuntamento a tutti noi ma un appuntamento senza dolore, un appuntamento di consapevolezza laica e serena.

Scriveva Gozzano nell'Amica di Nonna Speranza:
"Ma sogni di là da venire, il lago si è fatto più denso di stelle che pensi? Non penso. Ti piacerebbe morire? Sì. Pare che il cielo riveli più stelle nell'acqua e più lustri, inchinati sui balaustri sogniamo, così, sogniamo così tra due cieli".



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Bilancio 2000

"Fare con dignità e limpidezza, "senza sconti", un'opposizione ferma, coerente e costruttiva"
Intervento in Consiglio comunale del Presidente del gruppo Due Torri per Bologna,Davide Ferrari

Grazie signor Vice Presidente, signor Assessore,
vorrei innanzitutto partire da un dato. Quale tipo di Comune noi amministriamo, anche noi dall'opposizione? Certo che tipo di Comune, la nuova Giunta, dopo la vittoria elettorale del 13 e del 27 di giugno, si è trovata ad amministrare?
Una città con problemi anche seri e nuovi, ma una città di rilevanti caratteristiche di compattezza sociale e di grandi possibilità di proiettarsi in un futuro non privo di incognite. Possiamo anche ritrovare delle caratteristiche di solidità e di intellettualità diffusa, di lavoro sapiente diffuso in questa città, che ci danno la possibilità di guardare con serenità al futuro. Questi dati si ritrovano anche nelle cifre dei bilanci consolidati delle amministrazioni che abbiamo alle nostre spalle.
Nel 1998 il bilancio del Comune di Bologna aveva registrato entrate per 835 miliardi con le quali erano stati distribuiti servizi di uguale importo.
Una solidità del bilancio, dunque, che non nasceva a caso, non derivava soltanto, come pure è evidente, da alcune straordinarie personalità, alcune tra i tecnici, alcune tra i politici, anche tra coloro che siedono ancora su questi banchi, ma anche derivava dalla tradizione consolidatasi nel tempo, anche per fasi differenti, di un Comune che ha avuto la capacità di riflettere in un bilancio molto impegnato sui servizi, in questo senso molto "stretto", molto "utilmente stretto" le caratteristiche stesse della città.
Un bilancio stretto, un bilancio impegnato, sono la fotografia di una città che in qualche modo funziona; dove il rigore, la trasparenza, la capacità di dialogo non demagogico con i cittadini, fatti di scelte di bilancio visibili determinano, quindi, anche su questo terreno fondamentale, l'affidabilità di una classe politica, una credibilità nei rapporti tra i cittadini e la classe dirigente politica.
Negli ultimi anni si è evidenziato, nelle politiche di bilancio, ancor più questo dato. Ancor più: avanzi di amministrazione di lieve entità e un contenuto livello di indebitamento. A questo credo siano state dovute le note certificazioni positive che due prestigiose agenzie internazionali di valutazione, la Standard and Poor e Moodis, con un voto che ha collocato il Comune di Bologna tra i vertici della graduatoria nazionale.
Grazie a queste certificazioni sono state iniziate anche operazioni finanziarie nuove, come i Boc, ma mi interessa qui cogliere il significato politico-amministrativo.
Questo è il dato limpido, trasparente, reale, che è passato in eredità a questa nuova fase della vita politica di Bologna e alla nuova Giunta.
Quando noi, io lo farò con poche parole, dopo di me altri consiglieri, non solo del mio gruppo, dell'opposizione, come già hanno fatto, articoleranno maggiormente il discorso sui dati tecnici anche più accuratamente di quello che io possa fare, intervenendo sui rapporti tra questi dati e le prospettive politiche e amministrative della nostra città.
Quando questo discorso si articolerà emergeranno con più forza anche le caratteristiche negative che noi imputiamo al bilancio che l'assessore Galletti ha voluto presentare, in ripetute iniziative della Commissione bilancio.
Il punto è: dobbiamo verificare se è stato vulnerato o no quel rapporto di rispecchiamento tra bilancio e società, che proprio nella caratteristica del bilancio dava la possibilità di ritrovare una correttezza di rapporti tra amministratori ed amministrati.
La nostra opinione è che un vulnus, un cambiamento negativo lo registriamo in questo bilancio. È per questo, signor Sindaco - mi rivolgo a lei, sia pure in spirito - signor Assessore, in spirito e in carne, che noi abbiamo con tanta forza criticato la decisione di applicare l'addizionale IRPEF dello 0,2 per cento a carico dei cittadini residenti.
Non è qui soltanto una discussione tecnica.
Cosa vuole dire in concreto questa addizionale?
Lo hanno già ricordato altri consiglieri: pagheremo più tasse, in media credo 57.800 lire a testa, bambini compresi, consigliere Caracciolo, per un totale di 22 miliardi che sborseremo nel 2000 e poi a carico successivo negli anni che seguiranno.
Le entrate fiscali del Comune cresceranno, così mi dicono, del 5 per cento direttamente a spese dei Bolognesi.
Ma qui c'è un dato politico più importante di queste cifre: era una decisione evitabile.
Si cercherà di dimostrarlo numeri alla mano, ma i numeri non bastano se non c'è una volontà politica, e se non c'è da parte dell'opposizione una indicazione affinché questa decisione politica della Giunta, questa è la nostra sfida, venga a essere più evidentemente negativa.
Questo è il nostro giudizio: la Giunta voleva un bilancio, più "largo", che le affidasse margini maggiori di manovra, anche finanziaria, su terreni sui quali - oggi senza chiarezza - un domani con crescente incisività, potesse ritenere di dover intervenire con proprie scelte discrezionali.
Politiche, non tecniche.
Siamo di fronte allora ad una decisione che vulnera, certo su cifre non gigantesche, ma pur significative, quell' assoluta chiarezza di rapporti tra bilancio e società civile, tra amministrazione e articolazione della vita cittadina, che prima ho fatto riferimento.
Un vulnus grave, un vulnus grave, assessore Galletti, più grave della stessa natura tecnica e contabile di questa decisione.
D'altra parte ella è dovuto venire oggi pomeriggio a darci la notizia delle ulteriori possibilità di questo bilancio a seguito di una Legge finanziaria sulla quale noi più volte avevamo sollecitato una sua maggiore attenzione e devo dire, anche un intervento del sindaco Guazzaloca.
Un Sindaco ed una Giunta maggiormente presenti anche nelle sedi di dibattito nazionale, di dialettica tra governo ed enti locali, forse avrebbero potuto realizzare una visibilità e un ruolo politico più adeguato alla storia della città,e alla sensibilità stessa dei cittadini, ma anche, chissà, forse ulteriori risultati in quella "battaglia" che, come sempre, questa volta mi pare con particolare risultati anche per volontà di dialogo del Governo, gli Enti locali hanno svolto. Così non è stato.
E quando ella è venuta a snocciolarci le cifre di queste nuove possibilità, io ho pensato che, non credo solo grazie all'esperienza, di cui ringrazio i consiglieri del mio gruppo, ma anche credo in seguito ad un ragionamento politico, il gruppo Due Torri, insieme ad altri consiglieri ha già presentato emendamenti ed ordini del giorno che invitano la Giunta a tenere conto di quelle stesse risorse di cui lei oggi ci ha fatto presente, che mi auguro analizzeremo poi in sede di voto con grande serenità e libertà da parte di tutti.
Ecco, forse il bilancio era diversamente impostabile, assessore Galletti, fin dall'inizio, e, d'altra parte, non erano mancate le nostre voci a richiamarla su questa possibilità.
Che dire, a questo punto, delle proposte di programma a cui questa scelta, questo che io ho chiamato un vero e proprio vunus, è ancorata, che dire?
Che dire di quella "relazione previsionale programmatica" che dopo la frase di sfida con cui inizia, e che così recita: "sfidiamo a dimostrare sulla base di questi programmi che si vuole distruggere, lo stato sociale per come si è realizzato a Bologna", presenta innanzitutto una caratteristica, che vorrei sintetizzare utilizzando una battuta che non vuole essere blasfema.
Una battuta che mi deriva dal mio vissuto di credente, di Protestante.
Diciamo noi Protestanti, dicevamo con più forza un tempo, che occorrerebbe "parlare dove la Bibbia parla e tacere dove la Bibbia tace".
Se è possibile un paragone rispetto a questa bozza di relazione previsionale programmatica, bisogna qui esattamente invertire il rapporto.
È necessario parlare e molto, dove la " relazione" tace e invece tacere dove ella parla, perché per lo più nei capitoli meglio trattati, si tratta della fotocopia del programma consegnato dalla Giunta precedente, che certo noi non contrasteremo, soprattutto sullo stato sociale.
Addirittura su alcune scelte particolarmente dirimenti, ne cito una per tutti, colleghi, la scelta dell'integrazione fra cittadini extracomunitari e il resto della cittadinanza si giunge a veri paradossi.
Noi abbiamo discusso, nell'ultimo Consiglio, a lungo e divisi, per poi ritrovarci di fronte a una "relazione previsionale programmatica" che contrasta negli indirizzi di fondo, per larghe pagine, con le politiche della Giunta su cui ci siamo, come dire, avvicendati ad intervenire, con posizioni diverse.
Meglio così. Quello che preoccupa sono le larghe pagine in cui si tace o si lasciano spazi aperti, senza quel rigore che sarebbe necessario ad indirizzare eventuali future prossime scelte di bilancio.
Nulla si dice sul tema della destinazione delle risorse, "a cosa" saranno ancorate le risorse in più garantite dalle entrate fiscale, gli avanzi di bilancio?
Certamente non ad un programma leggibile, chiaro, nato dall'anima di una maggioranza, e da un accordo politico stabile che regga e sostanzi le caratteristiche di questa nuova Giunta.
No, quel programma non è un programma leggibile e credibile della nuova Giunta Guazzaloca.
Così noi rovesciamo la dichiarazione di sfida con cui la "relazione previsionale programmatica" si apre.
Ed è, io penso, un punto su cui occorrerebbe riflettere, lo farò anche concludendo, per interrogarci anche sulla natura politica della Giunta che abbiamo di fronte, e di cui voi siete parte attiva e dirigente.
Vorrei tornare al punto.
Queste scelte di bilancio, evitabili, immotivate e così confuse, poco chiare, senza un'anima, dimostrano come siano state presto dimenticate le promesse fatte in campagna elettorale.
Ugualmente si ignora signorilmente il fatto che per la prima volta negli ultimi 10 anni, c'è una Legge finanziaria che le tasse cerca di ridurre davvero, diminuendo la aliquota IRPEF, introducendo maggiori sgravi per le famiglie, puntando molto sulla scuola, sulle nuove tecnologie, sui giovani, non prevedendo nella sostanza riduzioni di fondi per gli Enti locali.
Non serviva allora, non serviva l'addizionale: dovevano esserci altre scelte ed altri indirizzi.
Il Comune di Bologna poteva contare su un bilancio consolidato positivo, poteva contare sull'avere l'anno più favorevole rispetto alla Legge finanziaria degli ultimi che sono stati affrontati, poteva contare, lo si sa, su quella vendita dell'80% delle azioni dell'Afm, che realizzata lo scorso anno ha fatto entrare nelle casse comunali 97 miliardi, più o meno il doppio, colleghi consiglieri, di quanto preventivato.
Questo ha consentito, da una parte di sostenere mutui con un risparmio di interessi considerevole, e dall'altro di rendere disponibile una somma consistente per finanziare investimenti sociali senza accenderne nuovi.
Ecco allora nuove risorse e ecco allora perché quel lungo elenco, questo sì, chiaro, nei limiti con cui può essere una forza di opposizione - di nostri ordini del giorno, che sulla manutenzione, la casa, l'handicap, i servizi scolastici fondamentali e gli indirizzi nuovi per le giovani generazioni chiedono a questo consiglio continuità di impegno e svolte davvero innovative.
Presentiamo un'autentica proposta di programma alternativo sul rapporto tra giovani, scuola, università, formazione professionale, nuove tecnologie di comunicazione e lavoro, noi dichiareremo al confronto.
Altre risorse, lo hanno detto altri colleghi, potevano essere risparmiate su consulenze e incarichi
professionali.
Voglio dire che condivido l'appunto che ha fatto il collega Sabbi ed insieme che, su questo punto, non è possibile, lo sappiamo noi per primi, fare alcuna demagogia.
Ma è un tema che avete voi posto all'ordine del giorno, con scelte assai discutibili, e che noi porremo serenamente con un nostro specifico contributo che chiede alla Giunta di presentarsi in tempi non storici, con una proposta che può essere costruita, io credo, a partire da una verifica delle esperienze internazionali, ma anche di quanto il Comune possiede in termini di competenze e capitale umano.
Ci sono capacità straordinarie dirigenziali e lavorative che sono proprie di questa macchina comunale sulle quali contare - questa la nostra proposta - per costruire un Ufficio di consulenza interna.
Una struttura quale viene indicata dalla più avveduta letteratura sul management e dall'esperienza delle grandi centrali finanziarie, bancarie e imprenditoriali del mondo. EA cambiata fase, da una fase in cui 'esternalizzazione senza principi era considerata necessaria per adeguarsi alla modernità, si è passati a una fase in cui la missione fondamentale di una grande azienda, tanto più io direi un'azienda pubblica, è ciò che deve fare agio su tutto.
Privilegiare, questa è la necessità la creazione delle condizioni con i quali l'amministrazione possa essere capace di autoinformare a sé nuove leve dirigenziali, creando e ricreando al proprio interno nuove e più forti competenze, anche per i servizi di consulenza.
Non è un'idea demagogica, avremo tempo per discutere.
Dovremo farlo perché siamo stati in presenza di alcune scelte, sulle quali Lei assessore Galletti dovrebbe essere particolarmente vigile, da parte di alcuni suoi colleghi, che per la prima volta proprio in presenza di una fase politica e culturale diversa, hanno ancorato compiti di consulenza ed esternalizzazione, o a piccole cose che francamente sono offensive nei confronti dell'apparato amministrativo, ritenuto evidentemente incapace di assicurare persino compiti di segreteria,
oppure funzioni in parallelo, che hanno rallentato il lavoro della macchina comunale già in essere e non ci hanno portato al momento, nulla di nuovo, nessuna conoscenza tecnologica o esperienziale nuova.
Questa è la parte critica, come vedete semplice ma chiara e ferma.
Sono convinto, tuttavia, che da una grande forza di opposizione quale il gruppo che rappresento, debba venire, soprattutto a Bologna, in questa città - sia consentito ricordarlo - che ha una sua storia, e non credo abbia inteso rinnegarla una volta per tutte il 27 Giugno, debbano venire anche idee in positivo, sul futuro.
Vogliamo dimostrare la volontà, forse la velleità, non certamente di rovesciare i ruoli fra noi e la maggioranza, ma pure di indicare a questo Consiglio delle priorità.
Indicare, direi di più, un'idea di città, quello che manca nel programma politico, non solo nel bilancio della Giunta.
Una mancanza evidente fino ad oggi, e che questa sessione di bilancio temo confermerà.
Aspetteremo con senso di attesa l'intervento del Sindaco, con rispetto, ma finora questo è il nostro giudizio.
Un'idea di città, signori consiglieri, che non può che partire da un punto: i cittadini di Bologna e dei Comuni della Provincia, della più vasta città Metropolitana, questa è mia ferma convinzione, sono fieri di vivere in questa realtà, vogliono preservarla e innovarla.
Un motivo c'è: il governo e le culture che hanno partecipato storicamente al governo della città, forse persino oggi, forse persino il governo odierno, hanno goduto di una positiva "rendita di posizione", che proprio riposa su quella maggiore, relativamente maggiore, fiducia e certamente assai maggiore rapporto storico consolidato tra le politiche amministrative e l'assetto sociale.
Certamente a questo ha contribuito in maniera decisiva la sinistra, migliaia e migliaia, di uomini e di donne che hanno garantito un lungo percorso di solidarietà e di libertà.
Questo percorso era ed è chiamato a rinnovarsi.
Non l'avrà fatto certamente in maniera sufficiente, ma oggi è in grado di presentare un conto ancora a quest'amministrazione, di sfidarla sul terreno del rinnovamento.
Viviamo al centro di una regione che, tutta, deve interrogarsi sul ruolo di Bologna.
Lo dico anche al consigliere Garagnani, che senz'altro mi ascolterà nella sala vicina, perché ne conosco l'assiduità di presenza, una assiduità che si sposa per altro ad alcuni chiodi fissi che gli sono propri. Così è certamente per l'insistenza nel pretendere il ricambio dei dirigenti delle aziende sanitarie e in secondo luogo, con bizzarra gerarchia di priorità, dei vertici politici ed amministrativi della nostra Regione.
Ebbene, vorrei ricordargli che noi viviamo al centro di una regione tra le più avanzate e civili d'Europa, dove la ricchezza si unisce alla virtù, a un'esausta volontà di fare insieme agli altri. Per questo Bologna è una città, che avendo nella Regione un preciso ruolo di punto di riferimento vuole progetti, sindaco Guazzaloca.
Se fosse presente glielo direi a gran voce, a gran voce: vuole progetti.
Siamo convinti che Bologna, la sua realtà metropolitana, può continuare a crescere.
È questo il nostro obiettivo: ridare speranza alla nostra città, il pensiero di un futuro giovane, più positivo, non solo assillato dall'angoscia delle campagne di stampa sul degrado, sulla ristrettezza delle possibilità, su un futuro che è per forza incertezza, insicurezza, paura.
No, è possibile interpretare diversamente questa città, noi vogliamo farlo, voi avete il dovere, come amministratori di farlo.
Per questo noi abbiamo affermato e per primi ci siamo preoccupati di indicare alcune scelte concrete.
Inizio dal tema della sicurezza. Ecco un esempio di una pagina di programma dove non si può tacere, perché non siamo certo di fronte alla Bibbia, e nella "previsionale programmatica" poco e male si scrive.
Noi siamo per affermare un valore concreto della sicurezza, personale ma anche culturale, sociale, ambientale.
È possibile reprimere la criminalità e rispondere positivamente all'incontro con altre culture.
Abbiamo cercato di dimostrare come, con quali scelte, partecipando, con tutta evidenza senza ambascie, al dibattito che ci ha appena visto protagonisti in questo Consiglio comunale.
È possibile rispondere all'inadeguatezza delle garanzie sociali, al rischio di emarginazione che tanti avvertono di fronte ai grandi cambiamenti della società.
Bologna è considerata una città per tutti, può diventare anche una città di tutti, ecco il tema della sussidiarietà, dove ognuno si senta libero e insieme responsabile, proprietario, non ho paura di dirlo al consigliere Garagnani, si senta proprietario della sua città. Desideriamo per questo una città che ha cura di sé e dei suoi cittadini, nella trasparenza e con regole leggibili, non
nell'assenza dei dibattiti consiliari, nei bilanci larghi, nelle consulenze a latere, nel disprezzo di quanto è stato fatto e dell'apparato tecnico di questo Comune, che lo ha garantito e che tuttora lo garantisce.
Vogliamo che le decisioni più importanti per ridare fiducia e speranza di crescita a Bologna, siano adottate nel dialogo con i cittadini, che vogliono essere protagonisti attivi.
Sono lieto dello "sportello informativo" che recentemente è stato inaugurato dalla Giunta.
Sarei stato tentato, ma forse sarebbe stata da parte mia una reazione un po', come dire, "sopra le righe", di recarmici, per poter incontrare i nostri massimi amministratori, cosa quasi sempre impossibile in Consiglio.
Ma sono lieto che i cittadini vogliano partecipare, mi auguro che sia una scelta che duri nel tempo, perché il problema della visibilità delle scelte politiche è essenziale a Bologna in questa fase.
Ciò che chiamiamo concertazione, che ci è stato rimproverato in questo Consiglio comunale, vogliamo rimanga proprio la medesima cosa, non superabile con rapporti discrezionali con questo o quell'interlocutore sociale.
Per riprendere con vigore la scelta di far crescere Bologna occorre partecipazione, ma anche concertazione.
Non si può essere lieti delle divisioni sindacali, non si può imputarle alla politica, bisogna vedere che cosa fare per superarle, signori assessori.
Che cosa fare, ad esempio al "tavolo del patto per il lavoro", dove va impostata rapidamente una via di sviluppo per questa città a cui chiamare in una concertazione attiva le parti sociali, non ritraendosi dalle crisi industriali presenti, non giocandovi alcun ruolo come è avvenuto anche recentemente per la Cevolani.
Per fortuna, che altre sedi istituzionali hanno giocato ben altra partita, ad esempio la nostra Regione.
Al fondo delle nostre proposte c'è in sostanza un'idea, colleghi, che vorremmo sviluppare anche assieme a voi tutti, un'idea diversa di questa città, da quella che si intravede nella vostra nuova amministrazione.
Vorrei tratteggiarne brevemente alcuni punti, ma già credo nei principi che ho evocato è stato possibile scorgerne qualche tratto.
In primo luogo lo sviluppo di Bologna Comune non può più essere pensato senza pensare definitivamente all'area vasta.
Non era possibile fare la città metropolitana, mancava una legge, oggi la legge c'è.
Animo! Non credo si debba aver paura di Castelmaggiore o di San Lazzaro di Savena: animo!
È compito innanzitutto di questo Comune essere protagonista nella formazione della città metropolitana.
Questa sì è una vecchia e buona cosa Bolognese, una virtù antica di una città dove la storia è stata segnata sempre da un rapporto fecondo tra città e campagna, ce l'ha insegnato in tanti libri Renato Zangheri, e se pensiamo anche alle nostre storie familiari, ne ritroviamo traccia, colleghi consiglieri.
Oggi se si vuole pensare ad uno sviluppo sostenibile e di qualità, oggi che i flussi di lavoro e di persone sono più intrecciati che mai, raggiungere un nuovo equilibrio da Comune capoluogo e Comuni della provincia è più che mai necessario.
Il secondo punto di priorità programmatico deriva immediatamente all'avvertenza sulla necessità di tornare a un'idea di crescita di questa città, di crescita qualitativa ma anche quantitativa.
Vogliamo immaginare e sostenere una prospettiva che qualcuno ha definito neoindustriale.
Perché l'industria, quella manifatturiera, che resta e resterà centrale a Bologna, anche se con relativamente meno occupazione, da sola non è sufficiente a riprodurre la quantità di offerta di lavoro crescente che determinava a metà degli anni 70.
Il medesimo ruolo della manifattura è pensabile possa svolgersi solo allargando la prospettiva, anche a nuove industrie che siano oltre l'industria.
Nuove materialità che siano oltre la materialità.
E' il tema del distretto multimediale, che abbiamo posto e che è stato prima irriso, con imperdonabile leggerezza dall'Assessore Monaco, poi sono lieto, ha avuto una più attenta considerazione, per lo meno dei documenti già prodotti, poi riaffrontato dall'assessore Raisi, che incalzerei con ancora più forza.
Il tema cioè di aree attrezzata su cui concentrare le produzioni immateriali e le attività variamente produttive ad esse connesse.
Ma c'è ben di più dietro a questa proposta, una proposta che è bene non mettere aprioristicamente in discussione, ma sulla quale ragionare attentamente per evitare altri scivoloni e, finalmente portarla a realizzazione.
Rimane un fatto: mentre la Regione definisce una nuova legge che si da l'obbiettivo di evitare chiusure industriali a sostenere nuovi progetti imprenditoriali, nel discorso programmatico, come nella relazione che oggi è stata ripresentata e che andrà in votazione, non ce n'è traccia di un'idea di futuro legata alle produzioni materiali e immateriali.
È strano.
Vedete, io ho già fatto un "piccolo numero" citando un documento ufficiale dell'ufficio stampa e del Sindaco, su Bologna 2000, ma è curioso come leggendo qua e là si incontrino altri documenti che riproporrebbero la voglia di compiere altre piccole provocazioni.
Si trovano " incidenti di percorso letterari" che io penso positivi.
Ho comprato ieri, senza alcun intenzione maligna, "Telema", una delle riviste più note di scienza della comunicazione e di studi sulla città multimediale, e vi ho trovato a pagina 51 un intervento,

ricchissimo ed approfondissimo, del sindaco Guazzaloca, esattamente su questi temi.
Il Sindaco si spinge fino a dare mandato alla sua Giunta, di risolvere entro un anno tutti i
principali punti che per lo sviluppo del programma "Bologna Digitale" erano sul tappeto e dei
quali non abbiamo visto alcuna citazione nella dichiarazione programmatica di inizio di questo
mandato e tanto meno nei documenti allegati a questo bilancio.
Sarà merito degli uffici, sarà l'egemonia di alcuni uffici, ma ancora una volta, devo dire, restiamo
in un'ambiguità che può essere anche fonte di qualche ironia.
10 non vi leggerò il saggio, ma ne ripropongo la lettura all'autore, il Sindaco, per il quale invece dovrebbe essere fonte di consapevolezza dei propri limiti e di volontà di utilizzare in ogni sede, magari, spererei anche in quelle istituzionali, la forza amministrativa e politica che questo Comune gli ha consegnato,non solo sulle riviste.
Intendo per Comune anche il patrimonio intellettuale, lo voglio dire ancora una volta, di questo Consiglio comunale.
Si rischia altrimenti di essere creduti coloro che si fanno le penne del pavone con il lavoro altrui, senza poi nemmeno ricordarsi di quali impegni sottoscrivono sulle riviste internazionali e suoi documenti che consegnano al pubblico dominio.
Vorrei concludere su questo punto: c'è una sfida sul futuro che è di fronte a noi, sulla quale le amministrazioni locali sono chiamate ad intervenire, una sfida che non parla a tutti indistintamente, non parla a tutti i cittadini in maniera uguale, parla innanzitutto ai nostri giovani. A quei giovani che hanno bisogno di un impegno grande, integrato, di una forza mirata delle amministrazioni pubbliche e di tutta la realtà del privato, del privato sociale, che garantisca una sinergia finalmente efficace tra scuola, formazione, cultura, università e nuove forme di lavoro. A quei giovani che altrimenti dovranno rassegnarsi a vivere in una città che vedrà, anche nella nostra realtà, segmentarsi le esperienze e le speranze, vedrà la divisione fra le generazioni e non il concorso in una produzione più ricca che gli è possibile e gli è connaturata. Consideriamo il far sì che questo comune parli ai giovani innanzitutto come un nostro compito, e vedrà assessore Galletti, che ad essi si rivolge anche una parte importante del materiale che sottoporremo alla discussione e al voto di questa sessione sul bilancio.
Sia consentita infine una considerazione politica.
Non è qui il momento né la sede di parlare dei recenti esiti elettorali.
Io per primo non sono assolutamente per enfatizzarne il significato.
Credo che sia utile richiamarli soltanto per un dato, che essi, mi riferisco in particolare al voto sul Collegio 12, un ci consegnano, su cui rifletterei senza alcuna sicumera.
Si è evidenziata la fragilità di chi aveva puntato su un indistinto allargamento dell'esperienza di liste civiche.
Chi le considerava come un cavallo di Troia valido in qualche modo "a prescindere", come avrebbe detto Totò, per affermare il centro destra.
Una lettura più attenta oggi costringe ad allargare il ragionamento.
È più costretto chi è di centro destra, chi siede sui banchi che mi stanno di fronte.
Probabilmente ne deriverà anche una valutazione sull'esperienza della Giunta e sull'esperienza politica che ha portato il signor Sindaco a essere il primo cittadino di Bologna, che è sì, inserita in una temperie culturale che vede il progressivo riarticolarsi delle identità, degli schieramenti politici ed una difficoltà forte ad affermare le ragioni della politica, più proprie della politica di progetto, ma forse anche va inquadrata più attentamente nella sua specificità ed anche nelle sue caratteristiche di singolarità.
Forse le ambizioni, vorrei chiederlo a Lei un giorno signor Sindaco, erano anche più modeste, erano legate a cogliere l'occasione grande di una città aperta a nuove proposte e delle nostre grandi difficoltà.
Consumatasi oggi la possibilità di allargamento del modello, però signor Sindaco, è proprio davanti a lei, che è stato, inevitabilmente direi, più prudente e timoroso sull'avventura dell'allargamento delle liste civiche, che resta però aperta tutta intera, e io gliela pongo con forza, la questione di quali basi politiche abbia l'attuale maggioranza che governa il Comune di Bologna.
Non è semplicemente una Giunta del Polo, bene, e non eredita, quindi, nell'interezza la globalità, l'integrità, la complessità il portato del Polo - che noi rigetteremmo certamente con grande forza - ma pure ha le caratteristiche di un identità e di una proposta programmatica coese e coerenti. Non è dato l'allargamento delle liste civiche, e d'altra parte non si tratta di un'esperienza specifica e autonoma in sé di lista civica, questo non è, vista la stretta alleanza con FI ed AN. Cosa resta allora? Qual è la base politica e programmatica di questa maggioranza? Questo, è credo, il grande problema e credo che sia la radice inespressa, ma che va espressa, di quella fragilità programmatica che è possibile leggere ad ogni passo della vita di questo Consiglio comunale che oggi alla presentazione del bilancio mi sembra del tutto evidente e del tutto chiara.
Quando ho parlato di un "bilancio largo", vi ho fatto sufficiente riferimento. Sono passati 4 mesi e mezzo di lavoro reale, possiamo produrre un giudizio. Fra gli "stop and go", fra le incertezze di fondo e quelle di merito e di quotidianità, il giudizio non può essere positivo. Noi non voteremo quindi questo bilancio che è lo specchio di queste modalità di governo.
Una sfida concettuale interessante ci era stata rivolta in una dichiarazione di alcuni saggi che l'attorniano signor Sindaco, io almeno l'avevo intesa così, "cambiare nella continuità" era stato detto.
Mi era parso utile raccoglierla in alcune sedi congressuali, salvo poi vedermi smentito dal sindaco Guazzaloca, che ha indicato non appartenergli, se ho ben compreso. Mi era invece sembrata una frase felice, che potesse essere una sfida da raccogliere, utile anche per noi.
Ho visto che era invece una frase troppo impegnativa che ella ha già rigettato. Ecco allora, cambiare è difficile signor Sindaco, anche per lei che non ha ancora scelto bene su quale terreno farlo ed essere in continuità è molto, molto, molto difficile a Bologna. Essere in grado di garantire la continuità positiva di Bologna, è forse al di là delle possibili fatiche della sua esperienza.
Ecco, allora, io credo che la città sia più interpellata che nel passato da un bilancio come questo, e da una dialettica politica anche difficile, con tante assenze, anche oggi, in una sessione così importante e di così scarso impegno propositivo della maggioranza, mi sia consentito di dire. No, non mi rivolgo all'assessore Galletti che ha assolto con diligenza il suo ruolo, ma mi rivolgo alla compagine di Giunta e di maggioranza nella sua globalità e per le motivazioni generali che prima ho richiamato.
Ecco allora che la città è interpellata ad avere una maggiore attenzione e partecipazione perché del tutto non chiarito è l'indirizzo che voi proponete. Noi cercheremo, anche fuori di qui, di alimentare la discussione e di parteciparvi come rappresentanti, tutti assieme, lo dico ai colleghi degli altri gruppi di minoranza, in primo luogo a quei colleghi dei gruppi di centro sinistra che veramente io credo sentano tutti quanti la consapevolezza di rappresentare ognuno sia gli elettori che gli hanno dato un voto specifico, ma anche qualcosa in più.
Certo un senso del limite ci è necessario per capire che oltre a questo limite è possibile andare, siamo fortemente consci di questo limite, abbiamo perso un'importante battaglia elettorale. Però anche questo senso del limite oggi può essere trasformato in forza se diventa senso dell'importanza di andare oltre noi, oltre anche le nostre esperienze consiliari, verso le forme di coordinamento stabile sempre più incisivo che siano all'altezza delle interrogazioni sul futuro che le ambiguità di governo consegnano a tutta la città.
Vogliamo essere all'altezza di dirci rappresentanti, noi del centro sinistra, parte integrante dell'anima più rigorosamente democratica di questa città.
Un coordinamento stabile dei nostri gruppi consiliari aperto al contributo che già viene dato ogni volta da Rifondazione, aperto soprattutto ad un dialogo forte con i cittadini, un coordinamento che avrà più tappe, che io certo non posso qui ipotizzare, ma che può partire subito con un agire comune che già è nella pratica e al quale dare maggiore evidenza.
Concludendo quindi signor Sindaco, daremo un voto negativo, motivato da ferme valutazioni, con una volontà di giudizio serena come ogni volta abbiamo dimostrato, ed anche con la volontà di dare con strumenti diversi la medesima battaglia politica che ci ha impegnati in questi mesi.
Siamo solo all'inizio di un percorso che non sarà più lungo, di quello del mandato elettorale, io mi auguro, ma non voglio ipotizzare come più corto.
Gli elettori hanno dato a Lei un mandato e a noi un altro mandato.
Noi saremo rispettosi della dialettica fra maggioranza ed opposizione, senza turbarla surrettiziamente.
Non è questo il nostro compito.
Il nostro compito è quello di fare con dignità e limpidezza, "senza sconti", un'opposizione ferma, coerente e costruttiva a questa Giunta, per il bene comune della città.

Dicembre 1999
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"Futuro presente"

Ordine del giorno per invitare la Giunta a realizzare un pacchetto di interventi rivolti alle nuove generazioni presentato dal consigliere Ferrari in data 20.12.1999

"II Consiglio Comunale di Bologna,

visto che nel budget 2000 alla voce "ammortamenti", sono indicati accantonamenti da beni mobili ed immobili per 4.300 milioni;

considerata l'incongruenza della legislazione che obbliga i Comuni a questi ammortamenti;

valutato positivamente il fatto che il Parlamento, approvando la Finanziaria, 2000, ha cancellato questo obbligo;

visto che è perciò possibile utilizzare per il bilancio 2000 l'accantonamento previsto di 4,3 mld;

consapevole dalla priorità rappresentata dall'assicurare alle nuove generazioni ampie possibilità di affermazione, per garantire il ricambio delle funzioni civili e lavorative nella città ed il conseguente suo pieno sviluppo,

invita la Giunta
a realizzare, utilizzando i 4,3 mld previsti come accantonamento, un pacchetto coordinato di interventi che miri a incrementare sensibilmente le opportunità di crescita, educazione, libera espressione, formazione, lavoro delle nuove generazioni, il "futuro presente" della città.

Gli interventi devono riguardare impegni che qui riportiamo in titoli e proposte.

UNA SCUOLA DI QUALITÀ

Bologna è chiamata a confermare e a qualificare la propria ricca esperienza nella scuola, nella formazione, nell'educazione.
La riforma assicura più autonomia alle scuole e una loro maggiore possibilità di dialogo con la città.
L'autonomia dei singoli Istituti ha bisogno di scuole di dimensioni adeguate e con ricche dotazioni strumentali e didattiche.
È necessario che il Comune di Bologna, insieme alla Provincia e d'intesa con la Regione Emilia-Romagna si doti di un accordo di programma con le scuole
bolognesi al cui centro sia la qualità della formazione.

Quattro le scelte di indirizzo:

a) nei servizi educativi si devono attivare maggiori possibilità, non a scapito dell'offerta direttamente gestita dal Comune, ma per garantire alle famiglie libertà di scelta e alle bambine e ai bambini uguale e controllata qualità dell'offerta;
b) le aree e le strutture scolastiche devono avere una manutenzione migliore, garantita da un piano costante di interventi;
c) i percorsi formativi devono integrarsi con l'offerta educativa e culturale della città, a partire dall'utilizzo del pieno orario di apertura degli Istituti scolastici, facendo così dei Piani dell'Offerta Formativa delle scuole un asse centrale delle politiche culturali generali, oltreché giovanili, dell'Ente Locale. Per lo stesso motivo occorre aumentare l'espansione, con la diffusione soprattutto verso i giovani studenti della scuola secondaria, dei servizi educativi territoriali (ludoteche, punti lettura, centri di psicomotricità) e delle aule didattiche decentrate e dei laboratori (musei, luoghi di cultura della città, luoghi di ricerca e di lavoro). In questo modo il processo di apprendimento si giova dell'incontro con saperi che nascono nei luoghi della ricerca, del lavoro, della creazione artistica e culturale, della conservazione della memoria, d) Contribuire a mettere in contatto le scuole e il lavoro.
Bologna deve essere una città in cui tutti i suoi giovani, alla maggiore età, abbiano un titolo formativo per entrare nel mercato del lavoro.
Occorre investire nella formazione tecnico-culturale successiva al diploma, che rappresenta la nuova frontiera dell'intervento comunale.
Per raggiungere questo fine va garantita piena funzionalità alla Fondazione Aldini-Valeriani, voluta dal Comune e dalle forze imprenditoriali della città. La fondazione Aldini, con gli Istituti, e strumenti quali Libra, deve diventare il perno attorno al quale collegare politiche rivolte alle Istituzioni per la ricerca, pubbliche e private, all'Università, e alle imprese affinché oltre alla promozione della cultura tecnica, il Comune contribuisca decisivamente a formare nuove leve di imprenditori, dirigenti e lavoratori, per il rinnovamento dell'Industria a Bologna. Con lo stesso fine, ma rivolta al terzo settore dell'economia, si propone di realizzare una nuova "Fondazione Sirani", per formare personale capace di impiantare e dirigere forme di imprenditoria sociale nel campo dei servizi alle persone.

GIOVANI E STUDENTI, UNIVERSITÀ E CULTURA A BOLOGNA: UN DIRITTO, UNA RISORSA ECONOMICA

Il Comune deve contribuire a costruire un circuito virtuoso che offra ampie occasioni di confronto e di proposte operative, così come per le realtà scolastiche cittadine, ai centri di ricerca universitari, alle associazioni ed ai centri culturali vicini ai giovani (teatro, musica, animazione culturale), con un impegno particolare del Comune di Bologna a contribuire all'apertura delle biblioteche universitarie ai cittadini bolognesi, attraverso una integrazione del protocollo esistente fra Università e Comune che preveda reciproci adempimenti.

Perché la città sia capitale europea della cultura anche dopo il 2000, occorre impegnarsi per realizzare i punti richiamati nell'ordine del giorno n. 285 del 17 dicembre '99, ed ancora perché Bologna diventi:
- Città dove le istituzioni stabili promuovono le "officine" giovanili.
- Città con una programmazione degli spazi per ogni attività culturale, che verifichi le funzionalità consolidate e le possibilità di apertura alle nuove produzioni.
- Città ponte che costruisce dialogo e relazioni con altre puntando anche ad esportare in Italia e nel mondo eventi, produzioni culturali e capacità di servizio innovative.
- Città che realizza il Distretto dell'industria multimediale nelle aree già individuate, con la collaborazione tra città e Università, come luogo in cui conviveranno produzione, divulgazione e fruizione di cultura, spettacolo, scienza e tecnologia per attrarre investimenti dalle imprese che operano in questo campo e valorizzare le attività delle associazioni che si sono sviluppati in questi anni.

LE NUOVE TECNOLOGIE, BOLOGNA DIGITALE, IPERBOLE

La città va dotata di un "piano regolatore telematico". La cablatura per le reti informatiche deve disporre di strumenti che favoriscano le opportunità di competizione e di progettazione innovativa da parte dei vari attori interessati. Il piano deve essere uno strumento agile, garantire che la diffusione dei sistemi telematici avvenga in sicurezza e regolarità e deve inoltre predisporre un modello secondo il quale la diffusione dei mezzi informatici vada a vantaggio dello sviluppo sociale ed economico della nostra realtà cittadina. Deve cioè offrire occasioni anche a quelle realtà sociali ed economiche che, a causa degli attuali limiti culturali ed infrastrutturali, rischiano una progressiva marginalizzazione dal processo di ammodernamento in atto.

In questo ambito di più generale attenzione alle nuove tecnologie, già prevista dal programma di attività: "Bologna Digitale", è necessario continuare ad incrementare sensibilmente la qualità e l'utilizzo della Rete civica, che deve diventare un ampio portale comunicativo che renda visibile, plurale e interattiva la comunicazione fra il Comune e la città, una vera e propria: "piazza telematica", una nuova news metropolitana.

Occorre proseguire e incrementare i corsi di alfabetizzazione di primo livello che insegnino l'accesso, la ricerca, la navigazione, l'uso della posta elettronica e dei forum;
la creazione di postazioni Internet accessibili al pubblico (col semplice pagamento di tariffa telefonica urbana);
la promozione ulteriore di esperienze di tele-lavoro anche nel settore pubblico, a partire dal Comune di Bologna;
la realizzazione, con adeguati investimenti, di accordi di utilizzo fra la Rete civica ed il Nodo di riferimento, per rendere la rete ed i servizi che offre maggiormente accessibili e praticabili.

Occorre incrementare la partecipazione civile attraverso Internet. Vanno promosse nuove forme di partecipazione democratica, favorite dall'estendersi dell'utilizzo interattivo della posta elettronica, per chiedere informazioni all'Amministrazione, per avanzare suggerimenti, per esprimere pareri. Vanno estesi i forum a tema: che possano essere proposti a qualsiasi livello territoriale, dall'isolato al quartiere al Comune, le forme di consultazione, a cui si partecipa con un mezzo di identificazione sicuro.
A questo scopo si invita la Giunta a proporre un protocollo con i ministeri più direttamente interessati (tra cui: scuola, commercio, finanze, comunicazioni).

DAGLI ANZIANI AI GIOVANI: LA TRASMISSIONE DI IMPRESE

Assieme alla necessità di formare nuove imprese Bologna presenta un altro
importante problema sul quale occorre intervenire. Il nostro tessuto economico-produttivo, presenta nella sua globalità la necessità di veder garantiti il ricambio ed il rinnovamento generazionale nelle strutture gestionali delle imprese. La mancata "trasmissione" dagli anziani ai giovani favorisce esternalizzazione e perdita per la città di importanti patrimoni progettuali, manageriali, lavorativi e forti crisi e chiusure di unità produttive.
In particolare nelle piccole aziende artigiane dove spesso operano titolari in età
avanzata.
La "trasmissione" è il momento di riallocazione di risorse imprenditoriali da chi
non e' più interessato o non ha più l'età a chi vuole fare impresa.
Attualmente è in corso di sviluppo un sistema informativo (promosso da Regione, Camera di Commercio e Associazioni di Categoria) che opera per mettere in contatto chi offre l'impresa e chi potrebbe essere interessato al suo acquisto.
È necessario che il Comune dando continuità e ulteriore impulso e sostegno alle attività già svolte in questo campo e costruendo d'intesa con le Associazioni imprenditoriali un monitoraggio delle situazioni critiche, percorsi formativi, stages e situazioni di contatto fra imprenditori e lavoratori anziani e giovani.
Il Comune deve farsi promotore dell'istituzione di un fondo a supporto della
consulenza per l'analisi sulle imprese e per il loro trasferimento di proprietà.
Accanto alla promozione d'impresa occorre mantenere la centralità di iniziative per favorire un accesso consapevole e più forte, per qualità e continuità del lavoro, dei giovani alle diverse forme d'impiego e lavoro autonomi, considerando come il lavoro così detto atipico rappresenti oggi la norma per l'attuale accesso delle giovani generazioni.
L'insieme delle politiche qui presentate può svolgersi solo nell'ambito di un vasto coordinamento metropolitano, e con il pieno inserimento a tutti i livelli nei progetti comunitari e regionali, perché Bologna, anche e soprattutto rinnovando le proprie classi dirigenti e lavoratrici svolga appieno la funzione di "porta d'accesso" alle più significative innovazioni ed allo sviluppo in una fase di crescente competizione, per l'Emilia-Romagna ed un territorio ancora più vasto.

Davide Ferrari



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17/12/99
LE POLITICHE PER L'IMMIGRAZIONE
La Giunta Guazzaloca chiude l'ISI e rinuncia a una politica di integrazione. No al Welfare minimo

Signor Presidente del Consiglio, signori della Giunta, assessore Pannuti, colleghi,

vorrei richiamare alcuni principi generali e alcuni punti di attualità. I principi generali: così come su altre grandi questioni, il degrado urbano, Bologna 2000, il piano generale del traffico, che andremo a discutere in gennaio, e emerso con chiarezza - talvolta mi sono permesso di farlo emergere con una chiarezza perfino evidente, eclatante, citando gli stessi comunicati stampa della Giunta - che le leggende metropolitane, che hanno cosi bene concorso, certo non dal mio punto di vista, ma dal punto di vista di altri, alla determinazione elettorale ancora recente a Bologna del 13 e 27 di giugno, non hanno alcun fondamento.
Bologna, lo abbiamo visto quando abbiamo affrontato più volte la questione delle riqualificazioni urbane e dei piani d'area, non e una città certo priva di problemi riguardanti il degrado, ma non e una città abbandonata al degrado, ed e una città che si e data gli strumenti urbanistici che oggi insieme, quando e positivo il confronto, discutiamo, e che comunque la Giunta ripropone. Bologna 2000 e il riconoscimento a una città viva, vivace, produttiva, tra le prime di Europa, e non una città consegnata all'abbandono e alla decadenza demografica, civile e culturale, ed oggi questa Giunta ripropone questa visione aggiornata e sincera della città, non può che fare altro, e non quella della campagna elettorale.
Sul piano del traffico ne discuteremo a gennaio, ma gia abbiamo avuto delle discussioni di Commissione che vi sono state, in particolare ieri c'e stata l'occasione di notare con piacere che peraltro in totale palese contraddizione con affermazioni importanti contenute nei piani di bilancio e le dichiarazioni programmatiche del Sindaco, pero Bologna e una città dove si sta per stabilire che la priorità deve andare al mezzo pubblico, senza il quale non c'è liberta di movimento, per il mezzo privato e dove si qualifica con il purtroppo degrado delle regole e del privilegio del mezzo pubblico. Questa e la realtà di Governo, signori della Giunta, che vi costringe a confrontarvi certo con idee che non sono le nostre, ma ci mancherebbe altro, con la realtà di questa città e non con le leggende metropolitane, assessore Pannuti. Allora voglio dire, proprio perché apprezzo il suo lavoro assiduo, costante, certo parte da assunti culturali differenti dai miei, ma non per questo mi impediscono di vedere la sua personale assiduità nel lavoro di Governo, che io considero, proprio per questo, assai gravi i riferimenti culturali che sono presenti di scherno o di riduzione a questioni che peraltro non a caso lei si premura di chiarire non legate a valutazioni etniche, ma che sono certamente legate a valutazioni pregiudizievoli su strati e settori indistinti di popolazione di Bologna e quindi li rigettiamo con molta forza. Ma il punto va assieme a quest'altro. Così come su tutti i temi che prima ho citato Bologna non è una città che è in mano ad orde di extracomunitari clandestini che la seviziano e la sfruttano, non è così. Bologna è una città che ha gravi problemi di criminalità anche per l'espandersi della presenza clandestina e non clandestina di extracomunitari, Bologna è una città che può essere messa in grado di affrontare i problemi della propria sicurezza, Bologna è una città che ha bisogno, lo avrà sempre di più, di manodopera qualificata non soltanto per le basse fasce lavorative provenienti da tutta Europa e da cittadini che provengono da altre realtà non comunitarie, un bisogno che è assolutamente insuperabile per l'industria, per il commercio come per la vita civile, per la forza sociale di questa città, insuperabile, assessore Pannuti.
Questo deve essere il primo punto di partenza, non il punto se è possibile o no fare accoglienze impossibili, il punto è definire che cosa è il possibile, qual è l'obiettivo. L'obiettivo è mettere Bologna in condizione per sicurezza, per integrazione culturale scolastica, per possibilità di alloggio, per possibilità di partecipazione democratica, a cittadini che ci sono necessari per potere essere parte integrante della vita civile di questo Comune, di questa area metropolitana. Questo è il punto, sono ideologie? No, però sono punti di partenza diversi a partire da una realtà che è quella che ho ricordato, cioè la sottovalutazione, la leggenda, l'ha ricordato anche il consigliere Zecchini con particolare accanimento, circa le capacità attrattive esasperate da Bologna dovute a chissà quale lassismo, quando poi scopriamo che i dati per esempio dei vagabondi e dei senza tetto sono stati nel decennio in cui ha agito una politica certo parziale come quella dei centri di accoglienza, ma ben maggiori di tutte le altre aree metropolitane del paese.
Se partiamo da lì facciamo poca strada, e non a caso la prima tratta di questa strada difficile, irta di pericoli e di ritorni indietro sui livelli di integrazione, è una non decisione che mette però in sospensione, e cioè impedisce di lavorare ad uno dei frutti più interessanti con luci ed ombre, ma luci ed ombre, Assessore, tutte da governare, che l'esperienza di un governo decennale aveva prodotto, e c'è un'istituzione autonoma, interdisciplinare, capace di affrontare con tutta la città, non come potrebbe fare un Assessorato di questo Comune, i problemi dell'immigrazione, dell'integrazione del lavoro, della casa, della scuola, che sono connessi a immigrazione e integrazione.
Si decide la sospensione perché non si sa che cosa fare, perché chiudere sembra un segnale troppo forte, eppure non si vuole rinunciare ad un segnale, io leggo così anche il ripetuto tentativo di fare slittare la discussione sul tema generale dell'integrazione rispetto al tema specifico ISI. Se si ragiona a segnali ed annunci si può ottenere forse qualche ascolto dalla stampa, ma non si governa bene assessore Pannuti, vedrà che avrà difficoltà a governare, e il fatto che ha dovuto tante volte già in questi mesi scontrarsi con problemi di emergenze reali, credo che l'abbiano già avvertita di questa difficoltà di governo.
Se viceversa si parte da un altro punto di vista, che è quello che io ho qui modestamente riproposto, ma è quello che tutti gli istituti di ricerca, per esempio quelli autonomi, per esempio quelli delle grandi centrali sindacali dei datori di lavoro, ci ricordano, se si parla dal punto di vista della promozione e della integrazione come risorsa sociale di questa città, beh, allora la via è più facile, si può cominciare a ragionare sul come governare una istituzione come TISI e non chiuderla, di come superare i suoi limiti, di come anche farci forza.
Ho trovato, devo dire la verità, qualche punto più acquisito nella sua relazione rispetto alle dichiarazioni che lei ha fatto, anche ampie, nelle Commissioni, ma di come farci forza anche come amministratori nuovi del portato critico e autocritico rispetto alla attività del Comune che TISI ha prodotto, di riflessioni su tutte le grandi partite sociali, culturali e di integrazione che gli erano sottoposte, che sarebbero e sono materiale interessantissimo su cui fondare una pagina nuova, anche rispetto ai temi critici che voi stessi avete sollevato dai banchi del maggioranza. Invece non considerare questa possibilità vuole dire proprio non volere partire dalla assoluta necessità di considerare insuperabile il tema della integrazione per costruire una Bologna moderna, competitiva, diciamo di più, non nel futuro, ma in questo presente. Voglio concludere con due affermazioni che sono anche esse conseguenti, la prima: io non ho dubbi, assessore Pannuti, che lei sarà attento alla qualità delle strutture che continuerà a rinnovare e a mettere in funzione, però mi preoccupa il suo punto di partenza e porta a inseguire risultati impossibili. Una concezione di welfare minimo in cui realizzate alcune istituzioni vetrina, per gli istituti sociali, come per gli immigrati, per il resto ognuno si arrangi come può, se questa è la teoria degli ostelli, la teoria del superamento della impossibilità, facciamo ancora una volta poca strada e consegniamo alla strada e quindi ancora più ai cittadini indifesi e senza protezione sociale, la somma dei problemi che l'integrazione presenta. No, bisogna intervenire sul pubblico e sul privato, con strutture di punta e strutture di temporaneità, utilizzando anche il procedere che le leggi nazionali hanno fatto in questi anni rispetto a quando parti il problema e i Comuni si trovavano soli di fronte all'afflusso dell'immigrazione.
L'ultima questione - la prendo proprio ad esempio - riguarda un quartiere importante per la vita e l'anima di Bologna, che è Borgo Panigale. Io ho seguito la vicenda sulla stampa, mi sono informato anche presso il Consiglio di quartiere. Anche questa sarà una prova: o noi utilizziamo, come solo in parte si è fatto per via Lombardia, dove si è colta un'occasione importante, che un quartiere ha dato, in maniera però ancora parziale, perché manca una ragiona a segnali ed annunci si può ottenere forse qualche ascolto dalla stampa, ma non si governa bene assessore Pannuti, vedrà che avrà difficoltà a governare, e il fatto che ha dovuto tante volte già in questi mesi scontrarsi con problemi di emergenze reali, credo che l'abbiano già avvertita di questa difficoltà di governo.
Se viceversa si parte da un altro punto di vista, che è quello che io ho qui modestamente riproposto, ma è quello che tutti gli istituti di ricerca, per esempio quelli autonomi, per esempio quelli delle grandi centrali sindacali dei datori di lavoro, ci ricordano, se si parla dal punto di vista della promozione e della integrazione come risorsa sociale di questa città, beh, allora la via è più facile, si può cominciare a ragionare sul come governare una istituzione come TISI e non chiuderla, di come superare i suoi limiti, di come anche farci forza.
Ho trovato, devo dire la verità, qualche punto più acquisito nella sua relazione rispetto alle dichiarazioni che lei ha fatto, anche ampie, nelle Commissioni, ma di come farci forza anche come amministratori nuovi del portato critico e autocritico rispetto alla attività del Comune che TISI ha prodotto, di riflessioni su tutte le grandi partite sociali, culturali e di integrazione che gli erano sottoposte, che sarebbero e sono materiale interessantissimo su cui fondare una pagina nuova, anche rispetto ai temi critici che voi stessi avete sollevato dai banchi del maggioranza. Invece non considerare questa possibilità vuole dire proprio non volere partire dalla assoluta necessità di considerare insuperabile il tema della integrazione per costruire una Bologna moderna, competitiva, diciamo di più, non nel futuro, ma in questo presente. Voglio concludere con due affermazioni che sono anche esse conseguenti, la prima: io non ho dubbi, assessore Pannuti, che lei sarà attento alla qualità delle strutture che continuerà a rinnovare e a mettere in funzione, però mi preoccupa il suo punto di partenza e porta a inseguire risultati impossibili. Una concezione di welfare minimo in cui realizzate alcune istituzioni vetrina, per gli istituti sociali, come per gli immigrati, per il resto ognuno si arrangi come può, se questa è la teoria degli ostelli, la teoria del superamento della impossibilità, facciamo ancora una volta poca strada e consegniamo alla strada e quindi ancora più ai cittadini indifesi e senza protezione sociale, la somma dei problemi che l'integrazione presenta. No, bisogna intervenire sul pubblico e sul privato, con strutture di punta e strutture di temporaneità, utilizzando anche il procedere che le leggi nazionali hanno fatto in questi anni rispetto a quando parti il problema e i Comuni si trovavano soli di fronte all'afflusso dell'immigrazione.
L'ultima questione - la prendo proprio ad esempio - riguarda un quartiere importante per la vita e l'anima di Bologna, che è Borgo Panigale. lo ho seguito la vicenda sulla stampa, mi sono informato anche presso il Consiglio di quartiere. Anche questa sarà una prova: o noi utilizziamo, come solo in parte si è fatto per via Lombardia, dove si è colta un'occasione importante, che un quartiere ha dato, in maniera però ancora parziale, perché manca una

visione, secondo me, dei problemi dell'esclusione sociale, e rischiiamo così l'effetto vetrina, o noi prendiamo l'opportunità della grande struttura per mettere assieme accoglienza ma anche formazione, integrazione di culture e generazioni diverse dei cittadini bolognesi da sempre e di nuovi cittadini. Se noi poniamo questo dato, possiamo fare un passo in avanti su quella questione, altrimenti è una soluzione tampone con la quale magari ci si accorda sulla riduzione dei numeri, ma che lascia del tutto invariato il problema, salvo poi riproporci nuove e più tragiche emergenze. Infine una considerazione politica. Noi abbiamo rivolto alla maggioranza una richiesta, ossia che si utilizzasse quanto era già stato fatto, con il voto anche di numerosi quartieri, perché ci fosse a Bologna la sperimentazione del Consigliere aggiuntivo, cioè di più cittadini rappresentanti delle nuove formazioni di extracomunitari che sono, con diritti e doveri, ormai dentro alla nostra città. Ci è stato risposto, con assoluta strumentalità, accettando studenti, universitari, pensionati, ed altre argomentazioni varie, ma per lo più a tono, neanche velatamente, razzistico, da parte di alcune parti delle maggioranza, di no. Ci è stato risposto ugualmente di no, pure con atteggiamenti dilatori, da altre più consistenti parti di questa maggioranza. Noi oggi riproponiamo quella che non è una sfida, Assessore, lei allora ci disse in Commissione che era d'accordo a studiare anche forme particolari, temporanee, di incontri ad hoc ripetuti, io so che non è questa la sua intenzione, non so però se non sia intenzione di tutta la Giunta, e soprattutto di qualche Assessore, in particolare di chi si occupa della sicurezza; è bene che mai vi siano tentativi di divisione politica strumentale con un'interlocutore che si ha di fronte associativo, soprattutto su un terreno così delicato. Bene, se questo è l'intendimento, qualunque sia la sorta che voi consegnerete all'ISI, con la nostra ferma opposizione, è importante che il nocciolo di democrazia acquisito dal riconoscimento, come struttura abilitata all'interlocuzione istituzionale del forum dell'immigrazione, resti in vigore, resti strumento valido, lo so che all'interno del forum c'è anche una intenzione; quella di assistere le più volte possibili alle riunioni del Consiglio comunale, per imparare, per apprendere, per fare crescere quella che già oggi è spesso militanza associativa, sindacale, culturale, addirittura di formazione di impresa, addirittura di formazione di impresa, anche nell'attività civica, per dimostrare che già vi è una maturità a sostegno di quella richiesta che noi abbiamo presentato e che siamo pronti a ripresentare ed anche a discuterne. Ecco, vede, che di fronte a tale maturità è assai difficile seguire i viottoli delle battute, degli incidenti di percorso sui pregiudizi culturali che qui tante volte si sono, ahimè, anche in questo Consiglio, ripercorse. Si stia al punto più alto della propria esperienza, lei Assessore rappresenta nel suo vissuto un punto alto della vita associativa di Bologna, stiamo a quanto di meglio ognuno di noi ha saputo esprimere nella sua professione, nel suo lavoro, nella sua attività associativa, solo così questo Consiglio comunale sarà all'altezza, assumendosi propri doveri e diritti di rappresentanza delle richieste e delle domande che tutta la città – vecchi e nuovi cittadini – ci pone.



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Il primo intervento dell'opposizione


Data Seduta: 21/07/99
Argomento: COMUNICAZIONE DEI COMPONENTI LA GIUNTA COMUNALE. INDIRIZZI GENERALI DI GOVERNO PER IL MANDATO AMMINISTRATIVO 1999-2004


Signor Presidente, signor vice Presidente, signor Sindaco, colleghi del Consiglio,

è mio costume uniformarmi a quell'espressione di Giovanni Giolitti che, salvo errori, così dice: "in politica, quando si deve parlare, ci si alza in piedi, si dice quel che si deve dire e poi ci si siede".
È il mio stile. Così come attenersi strettamente all'ordine del giorno.
Sono però consapevole che oggi non viviamo un inizio di mandato qualsiasi.
E desidero svolgere alcune brevi considerazioni generali. Sempre, nelle età di libertà, da quando fu raggiunto un primo livello di ampio diritto al voto, il popolo bolognese aveva scelto forze politiche, coalizioni, uomini e donne della parte democratica, solidale e progressista.
La discontinuità registrata con la sua affermazione, con l'affermazione della destra e del centro - destra a Bologna, è con una storia che inizia da Zanardi, non da Dozza. Non è caduto l'ultimo bastione del muro di Berlino, non è caduto alcun regime. Per libera scelta ha prevalso una diversa proposta, un opposto schieramento, una persona differente, così come per libera scelta, in
tante occasioni, e dando fiducia a programmi via rinnovatisi, Bologna
aveva fatto prevalere la Sinistra e con essa il centro di progresso.
Da qui vorrei trarre due considerazioni. Una libera scelta non inaugura un'era.
Le fa torto chi insiste, con una vocazione servile, sulla precipitosissima
definizione di "era Guazzaloca".
Si renda conto dell'infelicità di certe agiografie, quasi mai volutamente
autoironiche, dei richiami all'era di "Re Giorgio". Ne chieda, eventualmente
qui, in conclusione di questo dibattito, il termine nell'uso e ne riceverà stima
come uomo di governo di questa città.
Una libera scelta che segnala una inedita e comunque importante, seria,
rottura, un cambio negli orientamenti, richiede analisi e di necessità rispetto e
piena considerazione.
Ma proprio il suo carattere di fatto nuovo e comunque rilevante, esige il
medesimo rispetto di quanti non l'hanno auspicato e determinato.
La metà, poco meno, signor Sindaco, della città che ha votato.

Signor Sindaco,
ha di fronte, su questi banchi l'opposizione che è stata eletta da questa parte
di Bologna. Da cittadine e cittadini che Ella incontra ogni giorno nella sua vita
e attività quotidiana.
Non siamo un gruppo di sconfitti in cerca nervosamente di stizzose
rivincite. Non siamo un ridotto ceto politico. Cercheremo di essere
all'altezza di rappresentare uno dei cuori, un'anima di Bologna, perché
ne siamo parte.
È qui la radice di una visione dell'opposizione che sarà nostra. Chiara, netta, incalzante, rispettosa delle sedi e della dialettica istituzionale, aperta anche a comprendere il buono che venisse dalla sua amministrazione ma sempre, in primo luogo, responsabile verso tutta la città, desiderosa di promuovere ragioni ed interessi non solo di chi ci ha votato ma anche di quelle parti di società che a lei hanno diretto il voto. Parti che non sentiamo estranee ed anzi vogliamo contenderle lealmente nell'ascolto, nell'interpretazione, così come coloro che non hanno espresso il loro voto indicando compiutamente segni di crisi del sistema politico.
Più volte si sono definiti i poteri che hanno inteso appoggiarla, espressione
dei maggiorenti, dei forti, lo non ripeterò qui questa espressione perché
utilizzata oltre l'indicazione della evidenza della provenienza di tanti suoi
collaboratori e Consiglieri - essa riduce la vastità che occorre avere nel
ragionare sulle ragioni di un voto e sull'identità e le volontà, differenziate ed
estese, che l'hanno determinato. Ma devo affermarle, signor Sindaco, che in
ogni caso queste realtà non sono "tutta" Bologna.
C'è un'espressione francese che indica così, con la parola tutto, la parte più
"alta" di una società. Non la traduca in italiano, in bolognese. Noi ricorderemo a lei, alla sua maggioranza, in primo luogo ai partiti che la
compongono questa verità. Non ritenetevi tutta la città. Non lasceremo alcuna
occasione per rigettare una concezione proprietaria della città. E, d'altra
parte, consideri signor Sindaco come questa concezione - a Bologna - non
prevarrebbe a lungo.
Viviamo al centro di una Regione fra le più avanzate e civili d'Europa, dove la
ricchezza ancora vuole unirsi alla virtù, ad una inesausta volontà di fare
insieme agli altri. È una città esigente. Critica e vitale, in ogni sua generazione. Ha giudicato severamente noi. Giudicherà Lei con una severità spontanea, che noi non aizzeremo.
Il programma che Ella ci ha presentato temo non la difenderà da questo
giudizio.
Abbiamo anticipato nei giorni scorsi giudizi che qui in sintesi riprenderò e che
altri colleghi Consiglieri arricchiranno con ulteriori contributi che il mio Gruppo
intende fornire al dibattito.
Le sue proposte intenzionalmente riprendono la genericità del programma
elettorale, ma risentite oggi in questa sede, dal posto di comando della città, mi sembrano ancor più indeterminate e di insufficiente profilo.
Poco Lei ci anticipa con questi indirizzi e molto di ciò che invece con più
nettezza ci trasmette ci induce ad una forte critica.
Come si può rilevare il suo approccio al tema dell'Area metropolitana è
disinformato, forse volutamente, della realtà importante della pratica
amministrativa della Conferenza Metropolitana dei Sindaci, del ruolo svolto in
quella sede dalla Provincia, dell'impegnativo contenuto dello "schema direttore metropolitano". Il Comune di Bologna ha già approvato un programma d'area conseguente; lo dico al consigliere Mazzanti, sapendo bene che tutto si può ridiscutere, ma ho sentito nel suo intervento echi più da Consigliere di opposizione che non da Consigliere di maggioranza.
La citazione del collegamento a sud del "centro storico" ha già giustamente
sollevato interrogativi, anche fuori dal mondo politico. Vogliamo saperne di più e forse di più la sua Giunta dovrebbe riflettere sullo stato dell'arte in tema di grandi scelte per la mobilità.
Abbiamo apprezzato l'apertura al rapporto con la Regione che ha prontamente risposto. Il contenuto del dialogo non potrà che essere quanto già in essere per la concertata volontà di più soggetti. Così la scarna essenza dei riferimenti al quadrante nord - ovest non ci rassicura. Si gioca molto anche del futuro della città, delle sue infrastrutture, dei suoi distretti tecnologici e ricordiamo che il consiglio per normativa ricopre un ruolo da protagonista sulle scelte urbanistiche di Bologna.
Di questo m'impegno ad essere partecipe assieme anche alla maggioranza
se vorrà. Ricorrono affermazioni e rivendicazioni sul tema della sicurezza sociale che preoccupano. Non per il riferimento alla sussidiarietà, ma per l'ideologizzazione che - tipica della destra - sfugge ad un precisa definizione dei fini e dei mezzi dell'intervento della pubblica funzione.
La riforma del welfare non deve iniziare oggi a Bologna. Su tutti i terreni già è
stato lungo, talvolta problematico, sempre trasparente il cammino. Basti citare la scelta fortemente voluta dal Sindaco Vitali dell'assegno di cura per il primo anno di età.
Una scelta emblematica perché non isolabile, nata da una visione strategica
dell'incontro tra le culture della sinistra e delle ispirazioni del cristianesimo
sociale e ida una laica considerazione dei cambiamenti delle aspirazioni delle
famiglie di una città moderna come Bologna.
Bologna è considerata una "città per tutti", il luogo cioè dei servizi e della
socialità, può diventare anche una città di tutti, dove ognuno si senta libero e
insieme responsabile, dove ognuno si possa organizzare con il sostegno dei Quartieri, da Lei mi pare assolutamente sottovalutati, dove ognuno possa
sentirsi un poco "padrone" della sua città.
Era questo uno dei nuclei del programma di Silvia Bartolini, un'idea nuova di
partecipazione, sarà punto di riferimento per la nostra posizione su Welfare ed i servizi. Anche dall'opposizione. Attendiamo indicazioni più precise, oltre l'elenco lungo e velleitario delle Agenzie e dei Comitati che sono proposti.
Avanzeremo dall'opposizione nostre proposte perché il Consiglio sia protagonista delle scelte su questo tema cardine della qualità della vita dei cittadini.
Non condividiamo la scelta di annullare la scuola, a partire dalla scuola
dell'infanzia, come tale neppure citata come scuola, ed è veramente "caso enorme", nel tema dei servizi, del ruolo del volontariato.
C'è un valore specifico della scuola e dell'insegnamento che è tra i caratteri
distintivi della città europea e richiede, in ogni caso, e soprattutto oggi dopo la
riforma dell'autonomia, un intervento pubblico - certamente non esclusivo -
ma di rinnovata centralità.
La cultura è citata come risorsa. Noi diciamo: la cultura è una risorsa ma è
anche un diritto. Bologna 2000 deve essere l'occasione per reinterpretare e
disegnare, con opere e progetti plurimi l'identità della città. E' quindi un tema
che interessa tutti, maggioranza ed opposizione, affrontiamolo in Consiglio al
più presto.
È giusto dire: andiamo oltre il 2000. Più giusto sarà affermarlo dal primo
gennaio del 2001 dopo un anno di straordinarie e diffuse realizzazioni.
E' in gioco una concezione non elitaria della cultura, una rete di interventi
chiaramente improntata alla sussidiarietà già impostata che va ben governata.
Un ottimo 2000 sarà occasione per tutti di ragionare sul presente e sul futuro
del sistema culturale.
Nel suo programma pare considerata solo una parte delle istituzioni e per
invocarne cambi delle responsabilità personali di Direzione.
Vorrei aggiungere che è negativo il silenzio sui progetti di Bologna Digitale,
che sollecito alla sua intelligente attenzione.
È qui molta della creatività e del rapporto con quelle giovani generazioni che
in parte significativa le hanno rivolto attenzione e preferenza. Ecco l'esempio di come condurremo la nostra opposizione non volendo rappresentare solo il nostro elettorato tradizionale. Scuola, cultura, comunicazione sono per tutti ma in particolare per il futuro, per i giovani nostri concittadini.
A loro andrà la nostra attenzione prioritaria. Ed a loro chiediamo fin d'ora
vada l'intervento di governo della sua Giunta, signor Sindaco.
A questo punto, e non in altri momenti di questo mio intervento, vorrei
collocare un ragionamento sui rapporti tra Comune ed Università. Nell'ambito di un'indicazione di priorità del sapere e del futuro dei nostri giovani.
Il protocollo Città - Università firmato da Walter Vitali e dal Rettore Prof.
Roversi Monaco indica un insieme di interventi e terreni per intensificare il rapporto fra Bologna e la sua più antica e significativa eccellenza.
Non deve essere invece lesa l'Autonomia dell'Istituzione Comune e soprattutto dell'Ateneo in una pratica congestionale che confonderebbe ruoli e responsabilità.
La confusione di ruoli, qui è il nostro ultimo appunto, "last but not least", è sovrana nel caso dell'istituendo "Assessorato alla Sicurezza". Un errore che credo Ella in parte riconoscerebbe, se libero da condizionamenti partitici.
A lei spetta un ruolo di rappresentante del popolo bolognese nel richiedere
efficacia e coordinamento delle Forze dell'Ordine e nel garantire loro il pieno
appoggio della città.
Altre figure non appaiono supportagli da giustificazioni programmatiche che
infatti Ella prudentemente e necessariamente non indica, proponendo interventi che - a me pare - non sorpassano i confini di un "progetto città sicura" che è già in itinere.
Una prudenza che però mette a nudo la debolezza della scelta compiuta.
In conclusione: Lei ha potuto ascoltare parole di un'opposizione rispettosa della sua persona ma in campo, con decisione.
Nessuno poteva pensare altrimenti.
Sul concreto delle scelte valuteremo senza pregiudizi. Così sull'operato delle
persone ci atterremo alla prova dei fatti, dell'operare concreto.
Per questo può andare a Lei e alla sua Giunta un augurio, senza ipocrisie, di
buon lavoro.







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Prima del diluvio.
Qualce premonizione.

Davide Ferrari: 'Sinistra apri gli occhi e lavora'

Bologna è una bella città, i suoi cittadini sono fieri di viverci. In Italia, in Europa la nostra fama di città solidale e ricca permane forte e diffusa. Non sembri retorica iniziare un intervento sull'attuale dibattito politico cittadino da queste affermazioni generali. Al contrario: è mia opinione si corra il rischio di una visione distorta, al negativo di Bologna. La recente classifica del Sole 24 Ore è chiaramente leggibile: siamo la prima città, fra quelle di ampie dimensioni, per qualità della vita. Eppure l'emergere del tema della “bolognesità”, in questa stagione di avvicinamento alle elezioni comunali, ha un senso profondo. Giorgio Guazzaloca ha ripreso il termine, ha fatto discutere, si è presentato come un vecchio cittadino diverso dai giovani leoni dei partiti.
I Democratici di sinistra hanno in corso un'ampia riflessione su cosa è Bologna, su come conservarne le storiche qualità positive e insieme estendere i vantaggi di essere bolognesi anche a chi oggi non può giovarsene. Penso a chi è troppo giovane e sente di non avere chances, a chi è troppo oppresso dal doppio lavoro, in casa e fuori, come molte donne, oppure a chi. ha un età molto avanzata e non è più in grado di affermare la propria tradizionale voglia di vivere bolognese. Si scrive di crisi del modello emiliano, di una disaffezione alla politica che giunge fino a forme inedite e — in questa regione — “scandalose” di astensionismo, ma il nocciolo della questione è qui, nel concreto della vita delle persone. La destra bolognese non ha leader. Molti ripropongono un liberismo straccione: «privatizziamo tutto», chi è più ricco vivrà meglio anche a Bologna, agli altri la luce riflessa. Alcuni — non meno a destra — tentano una più sottile ma ardua operazione di camuffamento, di inseguimento della “non politica”. Si parla di liste civiche, candidati sopra le parti, magari il navigatissimo Guazzaloca, passato da una lunga milizia settoriale alla ribalta di interprete del cittadino medio, del commerciante come del consumatore. La sinistra, o meglio: ciò che è veramente vivo a Bologna, al di là delle storie politiche da cui proviene, ha il compito di proporre qualcosa di più.
Oggi sta alla Bologna che produce idee e politica farsi avanti, se non si vuole che l'arma delle liste e dei candidati “bolognesi” e “Balanzoni” — li definisco così senza alcun dileggio — si riveli più insidiosa di quanto immaginabile, capace di svellere l'egemonia (che io continuo a ritenere positiva) delle forze sociali e politiche del mondo del lavoro. Non è impossibile, ma non è semplice ed automatico, rivelare ai cittadini di Bologna che, chiunque il Polo scelga come suo 'Re della festa della porchetta sarà un Re nudo, svestito di proposte, velato di demagogia. Non è semplice, perché bisogna parlare a nuovi interlocutori come i giovani e parte dell'elettorato femminile, oppure in spostamento e in difficoltà a mantenere le proprie convinzioni, come molti anziani, che ancora sono l'ordito del tessuto associativo di Bologna. Presto e con procedure de-mocratiche occorrerà, come suoi dirsi, “fare il nome” del candidato. Oggi preme affermare alcune priorità non scontate, suggerimenti che vorremmo diventassero l'asse di un programma. Continuare a considerarsi bolognesi con orgoglio vuoi dire sentirsi sicuri, protetti da una microcriminalità intollerabile e che solo la fermezza della democrazia può sconfiggere. E' ora, di fronte a questo problema, di non parlare d'altro. Qui è un nodo intricato che va tagliato di netto con le armi della repressione, dell'integrazione e della cultura, tutte e tre affilate e necessarie l'una alle altre. Cominciare a sentirsi bolognesi con orgoglio vuoi dire, per i nostri figli e/o fratelli minori, poter contare sempre di più su Bologna come “città della scuola e della formazione”. E' urgente dare di più per il diritto allo studio di tutti rispondendo così agli studenti preoccupati che la scuola pubblica riceva meno attenzione. Essere flessibili con le spalle coperte dalla scuola vuoi dire avere valore, ritrovarsi flessibili e impreparati vuoi dire non 'essere persone", a Bologna, di fronte a generazioni che con le lotte hanno avuto maggiori garanzie e che, proprio per questo, ai ragazzi e alle ragazze appaiono vivere su un altro pianeta.
Si deve investire molto sulle capacità delle donne, sulle famiglie, su servizi all'infanzia, consolidati e nuovi, che non sono un “passato sovietico” ma il futuro di una città civile. Attenzione dunque, Ulivo, Sinistra e città. Servono orecchie ed occhi attenti, braccia al lavoro: è questo l'identikit di una politica utile. Il candidato potrà portarci anche la “grazia” o la “curiosità” dei pro-pri tratti somatici, oltre, naturalmente, all'intelligenza della sua persona.

* [Della segreteria bolognese dei Ds, responsabile del Gruppo di ricerca sulle identità di Bologna]

Il Resto del Carlino, 02/01/1999