Friday, May 14, 2004

"Senza suoni di fanfare". Presentazione di Giancarla Codrignani , "Cinque anni". Presentazione di Carlo Flamigni

Giancarla Codrignani

A pochi giorni dal voto, vale la pena di ripercorrere le tappe,
fra cronaca e storia, che ha percorso l'opposizione consiliare
a Guazzaloca.

E' utile per ragionare su quanto si è fatto, a partire dalla
scelta di non seguire la corrente, di dire No ad un Sindaco
che appariva "il nuovo", di ripartire, per la sinistra e per la città.
E bene ha fatto Davide Ferrari, il capogruppo di Due Torri/DS, a
mettere on-line le testimonianze di un percorso realmente costruttivo;
ma anche faticoso per chi l'ha condotto senza suoni di fanfare.

Anche i partiti hanno reazioni emotive e la sconfitta, dopo più di
cinquant'anni di vittorie, ha prodotto nel centro-sinistra non pochi
disorientamenti. Si era preparati a governare e nessuno aveva mai messo nel
conto che Bologna passasse alla destra.
I politologi sostengono che chi sa governare sa anche fare opposizione; non
dicono che oggi bisogna essere preparati non solo al sovvertimento delle
regole classiche ad opera delle "modernizzazioni", ma anche alla qualità
delle trasformazioni in atto e agli usi arbitrari delle norme che
privilegiano chi vince e si prende tutto.
Se pensiamo all'informazione, ci rendiamo conto dei danni: anche il
pluralismo si sfarina. Infatti, le cronache dell'Unità, della Repubblica,
del Domani si contrappongono al Resto del Carlino, ma la tendenziosità
della televisione, pubblica e privata, comprime a tal punto le opposizioni
da tenere i cittadini all'oscuro delle loro iniziative.
Bisognava lavorare in proprio. Ma i progressisti non erano avvantaggiati,
privi di mezzi economici e di televisioni. Avrebbero dovuto coinvolgere
direttamente la gente, ma fino alla presentazione del bilancio di
metà mandato (promosso proprio dai gruppi di opposizione in Consiglio,
perché il sindaco non si è sognato di presentarne uno) era corsa
l'illusione che l'avversario fosse "facile": il vecchio Guazzaloca
"democratico" che ha sempre giocato a carte con tutti e che si era fatto
intrappolare da alleati reazionari, certo non avrebbe prodotto danni.
Non avrebbe fatto nulla.Anzi avrebbe garantito una transizione
indolore e consociativa.
Questa illusione non poteva certo aiutare e sostenere l'opposizione
in Consiglio ed i Quartieri retti dal Centro sinistra.
A queste rappresentanze a lungo è toccato così l'onere di una corsa in solitudine.
Ma Guazzaloca non restava immobile, anzi- a suo modo- faceva "molto".
Il "molto"non si riferisce alle operazioni statuarie, da san Petronio
a Ugo Bassi o ai "barattoli" che Sgarbi definisce illecito estetico;o alle
inaugurazioni in proprio di opere varate e finanziate dal
centro-sinistra, ma ai danni, veri e proprii arrecati alla città.
Ricordo: i bimbi statisticamente prevedibili ma lasciati fuori dal
nido (e sono ben 700), le difficoltà delle imprese e le chiusure di
fabbriche senza interessamento del Comune, la rinuncia alla nuova Stazione
ferroviaria, la mano libera lasciata ai costruttori, il traffico
abbandonato a se stesso fatto salvo il raddoppio delle multe, Sirio
colpevolmente inutilizzato fra smog e polveri sottili in crescita, il
disinteresse per le famiglie contraddittorio con l'aumento delle tasse, il
dimenticatoio in cui è caduto il progetto Iperbole del digitale per tutti,
il disimpegno per qualunque politica di integrazione che non siano i Centri
statali di prima accoglienza, l'inefficienza della politica culturale, dei
rapporti con l'Università, con le Fondazioni, con la ricerca, la
disincentivazione del libero associazionismo a cui si sono resi
insostenibili gli affitti di sede,
Il "fare amministrativo", invece, le realizzazioni, erano e sono,
via via, in gran parte delegate alla responsabilità di Galletti,
Monaco, Pannuti, ma anche Preziosa, Garagnani, Raisi.
Sono "grandi opere" che hanno avuto il merito di fare discutere,
si può dire di smuovere l'interesse, talvolta motivatamente scandalizzato,
dei cittadini.
Certamente si tratta di cose rilevanti: l'impegno - ormai
finanziato dal governo - per una metropolitana sull'inutile asse nord/sud,
la Sala Borsa in scala ridotta e architettonicamente violentata rispetto al
progetto di Roberto Grandi, il teatro Manzoni strappato alla
privatizzazione berlusconiana, lo spoil system praticato a beneficio
proprio in tutti i luoghi di potere, le operazioni culturali tipo
requisizione della quadreria del Conservatorio; senza dimenticare il
revival fascistoide con Raisi:/An a rappresentare il Comune a Montesole
in contrasto con le ambigue dichiarazioni di solidarietà con l'Anpi
I cittadini, incominciarono a dare La Sveglia alla società e con girotondi,
comitati, gruppi, associazioni, manifestazioni costruirono il tessuto
"civile" necessario per fare capire ai partiti che la tradizionale cultura
di Bologna, abbandonata a se stessa, stava degenerando. E' la società
civile che ha aperto le vie a una nuova partecipazione a favore del
candidato miracolosamente calato del cielo ("questa" Bologna intorpidita
chi avrebbe mai potuto esprimere?).
Forse i partiti hanno dovuto "svegliarsi"; ma si sono sentiti espropriati
di quel fare politica che erano abituati a gestire da soli. Forse la
società civile ha esplicitato un'eccessiva volontà di autonomia e la
critica maliziosa ha provocato irritazione al ceto politico burocratizzato.
Forse bisogna rendersi conto dell'importanza di ripensare il senso di
deleghe e libertà: il diritto di cittadinanza significa anche diritto di
essere soggetti protagonisti riconosciuti e non oggetti di tutela e di
indirizzo da parte degli apparati. Tuttavia è vero che con una forte (e
scomoda) sinergia fra società civile e partiti crescono le difficoltà, ma è
il solo modo con cui si va avanti.
Il lavoro che Ferrari testimonia dimostra una presenza, tenace, appassionata,
in tutti questi punti e nodi, non semplici e numerosi, ancora aperti,
perennemente da risolvere..

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Carlo Flamigni



Credo di capire cosa sta cercando di fare Davide: vuole invitarci tutti a
ricordare, vuole costringerci a tornare con la memoria a quei giorni bui
di cinque anni orsono, i giorni che hanno preceduto e seguito un momento che
definirò ( ma è già un understatement )particolarmente sgradevole, il
giorno della vittoria di Guazzaloca.
Non sono mai riuscito a raccontare quei giorni, a dare la mia versione,
la mia interpretazione personale.
A chi mi vuol bene sembra che i miei ricordi interessino poco, chi mi ama
si affanna subito a farmi capire di avermi perdonato,mi dice che le parole
non servono piu', mi invita a guardare avanti.
Ai miei compagni di partito non piace ascoltarmi, temono - così mi sembra
di capire - che io mi voglia giustificare.
Così quei ricordi li tengo per me ( non temete compagni, non scriverò le
mie memorie ) e qui mi limito a riferire solo alcune delle mie impressioni.
La prima impressione fu quella di essere iscritto a un partito "sbagliato".
C'erano compagni che , incontrandomi, mio dicevano: "Te l'avevo detto ! ",
e ridevano, un riso quasi sempre falso, un po' sguaiato, lo ricordo bene.
C'erano compagni che mi parlavano bene di Guazzaloca, qualche critica sì,
qualche commento divertito sulla sua pigrizia e poi, certo, "era tanto
permaloso!".
Ma, chissa', sembrava proprio che avrebbe potuto essere lui l'uomo della
transizione, e poi - udite, udite - per un pelo non era stato un uomo no=
stro, stupidi noi a non capire....
C'erano compagni che mi fermavano per strada per raccontarmi - e il sorriso
diventava subito odioso - che il nuovo Sindaco giocava a carte con il compa=
gno tal dei tali, era tanto amico del compagno tal altro, forse - e qui la voce
diventava più bassa, quasi un sussurro - sarebbe venuto alla Festa dell'Unità.
Ci fu un eminente membro del partito che mi sgridò - ma c'era nella sua voce,la
condiscendenza che si deve ai dilettanti e agli illusi - perche' avevo attaccato
i "poteri forti" (Ma ero matto a chiamarli cosi'? Non sapevo che per anni la capacita',l'efficacia stessa del nostro governare era dovuta proprio...).
Altri mi fecero capire che ero stato proprio uno sciocco a dare dell'ignorante
al nuovo Sindaco, e queste erano in realta' le persone che sopportavo di meno,
perche' mi rendevo conto che, costretti a scegliere, avrebbero creduto alla
sua versione e non alla mia. Compagni.
Ero sollecitato dunque da molti fatti e da molte persone (mia moglie prima
tra tutte ) a lasciare il mio posto di consigliere, lasciarlo a una persona
piu' degna e meritevole.
Ancora oggi non ho capito perche' non lo feci: forse perche' Mauro Zani mi
disse che al momento non aveva niente di meglio tra le mani, forse perche'
mi sono sempre considerato un soldato, un soldato con un forte senso di responsabilita', che comunque non lascia il suo posto in trincea.
Comunque ando' così, restai.
Le prime riuniooni del Consiglio comunale furono tristi e molto faticose.
Eravamo "L'opposizione" ma non avevamo la sensazione di rappresentare
veramente qualcuno.
Non e' mai facile, io lo so bene, stare all'opposizione.
Diventa difficilissimo starci senza un ruolo, uno scopo, un obiettivo.
Una bandiera.
Ecco ero, eravamo, soldati senza bandiera.
La mia scelta personale fu quella di non intervenire nelle discussioni
e di votare, comunque e sempre, contro ogni delibera. Una scelta basata sul
desiderio di manifestare tutto il mio "profondo" disprezzo e di lenire
almeno un po' il mio dolore personale.
La causa vera del mio dolore era la consapwevolezza di aver consegnato
la citta' ai mercanti del tempio e di non poter contare, per molti anni,
su qualcuno che dal tempio li potesse cacciare.
Il mio disprezzo nasceva da motivi facili da intuire e sui quali non vo=
glio comunque soffermarmi.
Nei primi tempi, gran parte delle cose che riuscivamo a fare erano affidate
a Carlo Castelli, l'uomo piu' cocciuto che io abbia mai incontrato.
Davide Ferrari si guardava intorno, capiva, prendeva la rincorsa.
Non credo che il mio modo di affrontare il problema piacesse agli altri compagni.
In ogni caso Davide, che come capogruppo avrebbe avuto il diritto di contestarmi, non mi prese mai di petto. direi che mi avvicino' con una cautela quasi eccessiva. Poi comincio' a dirmi - ma sembrava quasi pensare a voce alta-
cose che mi ferirono un po' e mi colpirono molto.
Mi disse che, in ogni caso, eravamo li' a rappresentare la meta' meno uno
dei cittadini e che la meta' meno uno dei cittadini aveva il diritto di essere
rappresentata con serieta' dignita' ed efficacia.
Mi disse che bisognava tener duro, che le cose sarebbero
cambiate, che lo spettro di un possibile consociativismo si sarebbe
dissolto da solo, troppoproterva essendo la maggioranza che governava.
Tenemmo duro.
Le cose cambiarono, prima nel partito, che ci diede fiducia, poi nella citta',
nella quale molte persone cominciarono a ragionare razionalmente su quanto
era successo, a giudicare con freddezza quanto stava accadendo.
Simbolicamente, qualcuno ci mise in mano una bandiera.
C'era finalmente, con noi, una citta' che si opponeva.
Davide - cosi'apparentemente fragile e quieto nelle conversazioni,
cosi'gradevolmente duro ed impietoso nelle contestazioni
- comincio' ad opporsi, con durezza, tenacia, ostinazione.
L'efficacia del gruppo comincio' a crescere, insieme alla sensazione di
"rappresentare", di non essere soli.
E via via che gli interventi di Davide diventavano piu' efficaci le repliche
della maggioranza diventavano piu' stolide.
Non so se abbiate mai ascoltato Davide quando parla di politica.
Parla bene, a braccio, mai un errore, mai un anacoluto.
Ogni tanto, nei momenti giusti, alza la voce ma e' quasi impossibile
capire se si e' incazzato nella testa o si e' incazzato solo nella gola.
Ma e' conseguente, logico, stringente.
Poche chiacchere, molti fatti.
Una retorica ridotta al minimo, da professore, non da uomo politico.
Mi viene in mente un orribile giornaletto della maggioranza che cer=
cava di metterci in ridicolo, riportando frasi prese dai nostri interventi,
soprattutto da interventi di Davide.
Penso che sia ora di rivolgere un sincero ringraziamento ai suoi curatori,
visto che, alla fin fine, c'era molta piu' ammirazione che critica in
quelle citazioni.
Nel dibattito politico si dovrebbe sempre riuscire a mantenere un certo
distacco, a non impegnarsi mai troppo affettivamente, a non odiare mai
"gli altri".
A parte il fatto che mi chiamo personalmente fuori (cioe', non sono in grado
di stare a queste regole) ho scoperto che molti membri della maggioranza
provano, nei confronti di Davide sentimenti molto negativi (che non precisero',
per carita' d'animo).
Ne sono lieto per lui: qualsiasi psicanalista, infatti, vi potra' dire che si tratta di sentimenti camuffati, che tutto in fondo deriva da un felice connubio tra ammirazione, rispetto e timore reverenziale.